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Augusto Civardi ricordato da Cesare Castellani

18/01/2022 - 12:48:19

 

Dopo la dipartita del picchiatore piacentino

A pochi giorni di distanza dalla scomparsa di Bruno Orsi, il pugilato piacentino piange la scomparsa di un altro dei suoi grandi protagonisti, Augusto Civardi.
Augusto, classe 1943, esordì al professionismo nell’aprile del ‘67 sbarazzandosi in poco più di un round del nigeriano Abe Gradebo, poi di Mario Negrini e Umberto Maggi sempre per Ko entro la terza ripresa. Nel mezzo una sconfitta per squalifica a Padova contro Cappellotto che pure era finito per le terre ma, secondo l’arbitro, per un colpo irregolare. Tanto feci, ma il padovano non accettò mai la rivincita a Piacenza.
Riuscì ad udire il gong della sesta ripresa il modenese Cavazzini, esperto e sfuggente, ma non Grassellino, Mattioli e Szyka.
Era un pugile difficile da guidare: fuori casa nessuno voleva affrontare un picchiatore del suo calibro ed era un momento in cui si organizzava poco. Convinsi Rino Tommasi in quel momento il più credibile degli organizzatori a metterlo in programma in una delle grandi riunioni romane.
Speravo potesse far breccia nel pubblico e conquistarsi la piazza, ma trovò un avversario inadatto a fargli fare una buona figura, l’aretino Innocenti capace di imbrigliarlo badando solo a difendersi e ad evitarne i colpi con ogni mezzo. Dopo quattro riprese insignificanti l’arbitro rispedì entrambi all’angolo.
Bruciata la piazza di Roma, riprese la scalata alle prime posizioni delle classifiche combattendo quasi sempre a Piacenza mentre il valore degli avversari cresceva. Finirono per assaggiare l’assito del ring Antoine Porcel, l’ex campione d’Europa Lino Mastellaro, spazzato via in due riprese, il lecchese Ugo Poli, il forte sardo Costantino Fiori che per anni, poi, ha abitato a Cremona. e si è allenato nella nostra palestra A novembre del ‘78 una delle più significative vittorie su Kouider Meftah, nella topten continentale. Ancora cinque successi nel 1979 lo portarono alla semifinale per il titolo contro Elio Cotena, il 30 gennaio a Piacenza. Un match difficile  perché l’abilissimo allievo di Gigi Proietti era ormai lanciato verso il titolo e sapeva giostrare con maestria mandando spesso a vuoto i colpi di un Civardi che difficilmente riusciva a trovare un varco nella guardia del napoletano. Solo alla fine dell’ottava tornata Cotena attraversò un attimo di difficoltà, ma Civardi, sempre più innervosito, ad un certo momento voltò le spalle all’avversario abbandonando la contesa e lasciando tutti esterrefatti.
Poteva essere la fine della carriera dopo un gesto così clamoroso e ingiustificato, ma nel frattempo il Campione d’Italia Girgenti aveva abbandonato il titolo per dedicarsi all’Europeo e Civardi ritornò in corsa divenendo cosfidante di Cotena. Un bello sforzo finanziario, ma non fu difficile convincere il napoletano a tornare a Piacenza, stavolta allo stadio della Galleana inaugurato per l’occasione. Cotena appariva sereno e spavaldo, fin troppo sicuro della propria superiorità tecnica messa in mostra solo qualche settimana prima, ma l’avversario stavolta era di ben altra pasta: Civardi lo aggredì con una determinazione e una voglia di rivincita assolutamente imprevedibili e le pur granitiche convinzioni di Cotena furono frantumate in pochi minuti. Al terzo round si trovò inchiodato sulla stuoia da un maligno gancio destro di potenza inaudita. Civardi era campione d’Italia dei pesi piuma!
Un ko tremendo, di quelli che solitamente possono porre fine alla carriera di un pugile, ma va dato al napoletanto di aver dato una grande dimostrazione di forza d’animo riuscendo a riprendersi sino a raggiungere, poi, il titolo europeo.
Due giorni dopo Augusto venne a Cremona con suo padre: chiedeva che lo liberassi dal contratto di procura, perché diceva di aver bisogno di un grande manager per arrivare al titolo europeo. Evidentemente aveva già avuto un abboccamento con Bruno Amaduzzi che allora dirigeva, tra gli altri, anche Nino Benvenuti.
Non ho mai voluto trattenere un pugile che voleva cambiar aria e, nonostante avessi ancora un anno di contratto, firmai la liberatoria.
Fu la fine della sua carriera. Amaduzzi lo indusse, o forse lo costrinse a mettere in palio il titolo con Giovanni Girgenti nonostante una preparazione che sapevo assai sommaria (s’era sposato da poco).
Fu una sconfitta pesante e anche il tentativo di rilancio, pochi mesi dopo a Sanremo contro Paul Ikumapay, un modesto perditore, fu un disastro, tanto da indurlo al definitivo ritiro. Peccato!
Era un pugile difficile da guidare, ma con pazienza e con giudizio, come avevo fatto insieme al suo bravissimo insegnante, Gino Franzone, avrebbe potuto arrivare molto più in alto. Fu una decisione di cui ebbe molto a pentirsi e non mancò di confermarmelo ogni volta che ci si incontrava in occasione delle riunioni allestite a Piacenza. L’amicizia e la reciproca stima erano comunque rimaste intatte.

Augusto Civardi con il tecnico Gino Franzone e il procuratore sportivo Cesare Castellani