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LA SCOMPARSA IMPROVVISA DI CARLO MAGGI

21/01/2015 - 23:10:36

 

 

La boxe in lutto per Carlo Maggi

di Alfredo Bruno

Roma, 21 gennaio 2015 - Carlo Maggi, il maestro di Daniele Petrucci, ci ha lasciato all’improvviso. E’ avvenuto tutto nell’arco di una giornata: dal malore alla corsa in Ospedale, l’operazione e il responso che non c’era più niente da fare. La sua fibra ha reagito, ma poco dopo le 20,30 arrivava il bollettino del Policlinico dove era ricoverato. La storia del pugilato soprattutto quello romano non è fatta solo dai pugili, ma i maestri hanno avuto sempre una parte importantissima. Carlo Maggi, nato il 22 gennaio 1947, domani avrebbe compiuto 68 anni, non era solo un maestro di pugilato, era anche l’anima di un quartiere, San Basilio, spesso protagonista nel bene e nel male. Quando un ragazzo varcava la soglia della sua palestra aveva la certezza fin dai primi momenti che quel maestro serio, con un sorriso appena accennato, una vaga rassomiglianza con l’attore Bruce Willis, si sarebbe preso cura di lui come atleta e come uomo. Si poteva sgarrare una sola volta quando andava bene, alla seconda dovevi dire addio alla palestra. La palestra portava il nome della società Boxe Roma San Basilio e al maestro non andava bene quando la si chiamava solo San Basilio o solo Boxe Roma, un marchio, o meglio un’etichetta di un abito confezionato fin dalla nascita, si può dire. Da Maggi, anzi da Carlo, erano usciti fior fiore di campioni: 14 campioni d’Italia e uno del mondo, titoli regionali vinti con l’aiuto del pallottoliere, accompagnati dal commento del pubblico :” Quello è un allievo di Maggi, si vede”.
 
Maggi e Calì i maestri di Petrucci
 
Ma Carlo ha una sua storia molto ben definita che trova la strada maestra sul ring già a 15 anni quando per la prima volta entra in una palestra. E’ nato a San Basilio e porta la vivacità di quel quartiere. Le scazzottate per strada erano all’ordine del giorno. Faceva lo stagnaro e il suo principale era un lottatore iscritto all’Indomita. Un litigio con un altro lavorante fece capire al principale che quel ragazzo ci sapeva fare, era “cattivo” al punto giusto e portava bene i colpi. Lo indirizzò all’Indomita dove in quel periodo c’era Luigi Proietti con i suoi campioni. Li rimase per 8 mesi fino a quando venne a conoscenza che a San Basilio si era aperta una palestra dove insegnava Mario Aglietti. Il binomio Aglietti-Maggi (nella foto) divenne quasi indissolubile per far capire la loro forza e la loro visione di questo sport. Da dilettante non disputò mai gli Assoluti, pur avendo avuto nel suo carnet belle vittorie su molti I serie. Una fugace apparizione in Nazionale e poi il passaggio al professionismo nel 1971. Disputò 5 matches e raccontava con orgoglio che il suo esordio avvenne nella riunione del Palasport in cui Arcari era divenuto campione del mondo superando Adigue. L’avversario di Maggi era Sassanelli, pugile esperto, che però dovette ammainare bandiere contro il biondino romano. Ma la boxe ormai era entrata nel suo cuore, l’odore della palestra era la sua droga, ed entrò come insegnante nella Boxe Roma Casalbruciato dove allora insegnava il suo vecchio maestro Aglietti. Poi la possibilità di aprire una palestra nella sua zona a San Basilio in via Recanati. Fu sfrattato, ma la Circoscrizione aveva capito che il suo lavoro di maestro era diventato indispensabile per la zona, molti ragazzi grazie a lui si erano salvati dalla strada, fior fiore di campioni, rimasti sempre in contatto con il loro “maestro”. Gli fu assegnata un’altra palestra in Via Barelli a Pietralata. La “Boxe Roma San Basilio” era diventata il segnale di una riscossa che pian piano prendeva le sembianze di Daniele “Bucetto” Petrucci, arrivato ai più alti gradini del professionismo, superato solo da quel mostro che risponde al nome di Leonard Bundu. Maggi-Aglietti-San Basilio-Petrucci sembrano essere diventati l’itinerario di una riscossa che supera i confini dello sport. A questi nomi si incastona quello di Sergio Calì esecutore perfetto degli ordini del maestro, in alcune occasioni il volto buono della società, anche se il maestro, sia pure nei frangenti più burberi del suo carattere, non riusciva mai a nascondere un cuore d’oro. Adesso Carlo non c’è più. A piangere la sua scomparsa non ci sono solo gli “amici”, ma anche qualche “nemico” che pian piano cominciava a capirlo: un duro di quartiere con la missione di insegnare e togliere dalla strada i giovani.
 
Alfredo Bruno