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ECHI DEL PASSATO

UN GIORNO COME OGGI, LUGLIO

07/04/2016 - 08:31:37

 

 

IL RACCONTO DELLA BOXE SUL CALENDARIO

di Primiano Michele Schiavone

 
1 luglio

Giovanni Camputaro, quarta difesa tricolore
Il più attivo campione italiano dei pesi mosca fu il campano Giovanni Camputaro, con sette difese del titolo durante il suo primo regno. Il pugile casertano nella serata di sabato 1 luglio del 1978 mise in palio la sua cintura a Cagliari contro il locale Salvatore Laconi, vincendo il match al termine delle 12 riprese. Il giovane Camputaro debuttò a torso nudo nell’ottobre 1976, dopo aver vestito la maglia azzurra alle olimpiadi di quell’anno a Montreal, Canada, eliminato al secondo turno di qualificazione dei 51 kg. Divenne campione d’Italia professionisti dei pesi mosca nell’ottobre dell’anno seguente, togliendo lo scettro al sardo Claudio Tanda, ferito irrimediabilmente nel decimo round. Due mesi dopo respinse le velleità di Sante Medici, calabrese trapiantato nel Lazio, in 12 riprese. Sulla stessa distanza si concluse la difesa del febbraio 1978 contro Sabatino De Filippo, sardo residente in Liguria, che lo aveva sconfitto sedici mesi prima. Poi toccò al siciliano Filippo Belvedere nel maggio seguente, sempre ai punti. Dopo il ricordato successo su Laconi, in luglio si trovò sulla sua strada l’altro sardo Emilio Pireddu, che superò con decisione. Nel gennaio 1979 pareggiò con il conterraneo Franco Buglione, ex campione italiano dei mosca e dei gallo. Nel luglio successivo dovette cedere la fascia italiana a Sabatino De Filippo, nella loro terza sfida professionistica. Camputaro si riprese lo scettro nazionale nel novembre di quell’anno per una ferita che tolse di gara De Filippo nel sesto tempo. I due si affrontarono per la quinta volta nel marzo 1980, quando il risultato finale decise per il salomonico pari: dopo due vittorie ciascuno il verdetto nullo fotografò il reale valore paritetico di entrambi. Il casertano lasciò la corona nazionale per sfidare il campione europeo Charlie Magri, perdendo a Londra nella terza frazione. Provò nuovamente la corsa per il campionato italiano ma rimase al palo per tre volte contro Paolo Castrovilli, pugliese residente a Torino, e poi con il napoletano Ciro De Leva ed il sardo Giampiero Pinna. Nell’agosto 1983 giocò la sua seconda carta europea sfidando in Francia il campione Antoine Montero, contro il quale rimase sconfitto nell’ottava ripresa per una ferita. Lasciò il ring nell’aprile 1987 dopo 36 sfide: 21-13-2. (pubblicato l'1 luglio 2016)
 
2 luglio
 
Martinese, tre primati ineguagliati
Il più longevo regno italiano dei pesi superleggeri appartiene a Giuseppe Martinese, pugliese originario di Gallipoli, Lecce, trapiantato a Senigallia, provincia di Ancona, in carica per oltre tre anni, che detiene anche il record per il maggior numero di difese e la peculiarità di aver vinto lo stesso campionato tre volte. Martinese sostenne l’undicesima difesa del titolo nazionale il 2 luglio 1980 a Bitonto, in provincia di Bari, contro il toscano Patrizio Burini che piegò nel corso della terza ripresa. Due mesi dopo conquistò la vacante cintura EBU a spese del londinese di origine giamaicana Clinton McKenzie, fermato nella decima frazione. La gloria europea del pugliese-marchigiano durò appena quattro mesi giacché lo spagnolo Antonio Guinaldo lo spodestò nel terzo tempo. Così Martinese rivolse lo sguardo nuovamente al campionato italiano che gli aveva dato la notorietà fin dall’agosto 1977 quando spodestò Bruno Freschi. Il suo debutto professionistico avvenne nel gennaio 1975 con un verdetto contro, ma la voglia di affermarsi lo portò lontano. In seguito, titolo italiano in mano, superò i migliori connazionali di quegli anni quali Giancarlo Barabotti, Ernesto Bergamasco, Giuseppe Corbo ed Efisio Pinna. Accettò di andare a Bilbao, Spagna, nel dicembre 1978 per sfidare il campione europeo Fernando Sanchez, ma tornò con una sconfitta che lo rituffò in ambito nazionale. Riprese a custodire il suo trofeo tricolore dagli attacchi di Giuseppe Corbo (per la seconda volta), Francesco Gallo, Luciano Navarra, Giuseppe Russi ed  ancora Francesco Gallo e Luciano Navarra. Nel maggio 1981 cinse per la seconda volta la cintura italiana, togliendola a Luciano Navarra, sconfitto per la terza volta; tre mesi dopo una ferita lo costrinse ad abdicare a favore di Giuseppe Russi nella quarta ripresa. Nell’aprile dell’anno seguente provò a rimuovere dal trono nazionale Patrizio Oliva senza spuntarla. Riuscì ad indossare per la terza volta la fascia tricolore nel marzo 1983 quando superò Bruno Simili per ferita. Mantenne il titolo contro Giovanni Carrino prima di cederlo a Juan Jose Gimenez, argentino naturalizzato italiano. Provò a migliorare il record personale contro Alessandro Scapecchi ma una ferita gli negò il primato. Chiuse in quel novembre 1984 dopo 50 confronti: 35-10-4-1 NC. (pubblicato il 2 luglio 2016)

 
3 luglio
 
Nicola Cirelli e Manoni al secondo appuntamento
La fama di solido colpitore esaltata dagli innumerevoli successi prima del limite ottenuti da Nicola Cirelli non si smentì la sera del 3 luglio 1981, sul ring montato nel suo comune di nascita, Morcone, in provincia di Benevento, dove concesse la rivincita a Roberto Manoni, giunto in Campania dalla lontana provincia di Sondrio. Per la circostanza Cirelli difese la sua cintura di campione italiano dei pesi medi, sbaragliando lo sfidante lombardo nella terza ripresa. I due pugili si erano affrontati  nel settembre dell’anno precedente a Vieste, in provincia di Foggia, per il vacante campionato nazionale e la vittoria andò a Cirelli per ferita dell’avversario nel corso del secondo tempo. Cirelli, residente a Roma per svolgervi l’attività agonistica, passò professionista nel gennaio 1978 e nell’ottobre dell’anno successivo disputò la prima sfida al titolo italiano dei medi posseduto da Matteo Salvemini, pugliese della provincia di Bari emigrato nel milanese. In quell’occasione Cirelli dovette rimandare il sogno tricolore quando venne fermato nell’undicesima frazione. Con il titolo italiano in tasca Cirelli poté aspirare al campionato EBU, cosa che gli riuscì nel novembre 1981 con la sfida al campione Tony Sibson: il difficile confronto si svolse a Londra e l’inglese, già vincitore anzitempo di Matteo Salvemini ed Alan Minter, chiuse la partita con l’italiano nel corso della decima ripresa. Cirelli si ripresentò sul ring l’anno seguente come mediomassimo e dopo un lusinghiero debutto nella nuova divisione di peso, nell’ottobre 1982 affrontò il campione Gennaro Mauriello, perdendo nella sesta ripresa per ferita. Lasciò il pugilato nel 1983 dopo tre successi, ma, dopo oltre quattro anni si fece tentare dalla spasmodica voglia di tornare a combattere. Il ring gli diede torto e decise finalmente di abbandonare l’idea di essere ancora un pugile professionista. Cirelli scrisse la parola fine sul record in coda a 32 combattimenti: 28-4-0. (pubblicato il 3 luglio 2016)
 
4 luglio
 
Salvatore Nardino, il chiodo fisso per il titolo
Nel suo terzo combattimento disputato a San Severo, in provincia di Foggia, il locale superleggero Salvatore Nardino affrontò il tarantino Giovanni Carrino, un veterano che aveva alle spalle quattro sfide per il campionato italiano. Il 4 luglio 1986, nell’unica riunione all’aperto tenuta nel campo di calcio di quella città, Nardino demolì in due tempi l’avversario e confermò le sue grandi doti di lottatore pernicioso. Il foggiano rientrò all’attività dopo la non tollerata sconfitta avuta contro Francesco Prezioso, cinque mesi prima a Latina, per il vacante titolo italiano dei pesi superleggeri. Nardino, professionista dal novembre 1984, arrivò imbattuto a quel primo appuntamento tricolore dopo aver collaudato la sua condizione di promessa contro i rodati Rosario Casartelli e Francesco Gallo, prima di combattere a Montreal, Canada, e vincere in 10 riprese sul navigato statunitense Jorge Nina. Nell’ottobre 1986 Nardino andò a Ginevra, Svizzera, e costrinse alla sconfitta in quattro riprese Michel Giroud. Chiuse quell’anno nel Santo Stefano pugilistico di Ferrara con la vittoria ai punti sul mancino tunisino Faical Naifer, in attesa della seconda chance per il campionato nazionale. Il secondo appuntamento tricolore arrivò nel giugno 1987 a San Nicola la Strada, in provincia di Caserta, sempre per il titolo vacante ed ancora una volta contro Francesco Prezioso. Il sanseverese dimostrò in modo ancora più nitido la superiorità sul pugile di Latina e divenne il campione italiano superleggeri numero 18. Nel dicembre seguente tornò a Ferrara per difendere la cintura contro lo sfidante ufficiale Alessandro Scapecchi, già campione nazionale dei leggeri, due volte tra i superleggeri e sfidante europeo in tre occasioni, imponendo l’abbandono al grossetano nella settima tornata. Nardino lasciò la corona italiana all’aretino Efrem Calamati, altro sfidante obbligatorio, nel luglio del 1988 a causa di una ferita nel quarto tempo che gli pregiudicò la scalata al titolo EBU. Il pugliese continuò a vincere ed ipotecare una nuova nomina per il campionato italiano. Nel maggio 1989 a Roseto degli Abruzzi il piccolo guerriero pugliese fu strepitoso nella sfida all’imbattuto campione Guerrino Sorgentone: finito al tappeto per la prima volta, Nardino seppe risorgere dalla polvere di quel round iniziale e risalire l’impervio percorso fino a distruggere il locale campione nell’undicesima ripresa. Cinque mesi dopo tolse la cintura WBC International al brasiliano Luiz Carlos Dorea con un’altra dirompete prova conclusa nel sesto tempo. Nel 1990 affrontò tre argentini in attesa della designazione al titolo EBU: pareggiò con il campione nazionale e sudamericano Eduardo Benevent, sconfisse Omar Alegre e fece risultato nullo con Juan Alberto Contreras. Nel febbraio 1991 a Londra affrontò il campione europeo Pat Barrett, vincitore di Calamati in quattro riprese, finendo sulla stuoia nel sesto tempo quando era in vantaggio sui cartellini dei tre giudici. Dopo un altro, ultimo successo, ed una inesorabile sconfitta, decise di lasciare l’attività di pugile nel settembre di quell’anno, a 28 anni di età, con il record di 27 confronti: 21-4-2. (pubblicato il 4 luglio 2016)
 
5 luglio
 
Vittorio Venturi, campione italiano insuperato
Il titolo italiano dei pesi welter appartenne per due distinti periodi al romano Vittorio Venturi, dal gennaio 1930 al marzo 1933 e dall’ottobre 1933 al dicembre 1937. Venturi divenne il campione nazionale dei pesi welter numero 5, quando  tolse il primato al milanese Mario Bosisio. Il 5 luglio 1930 Venturi mise in gioco la sua corona per la prima volta contro il concittadino Vincenzo Rocchi. Nella città eterna il confronto arrivò al limite delle 15 riprese ed il risultato di vittoria premiò il campione. Venturi tornò a combattere dopo il risultato di parità ottenuto due mesi prima con il campione europeo Gustave Roth, impegnato nella terza difesa. Nel giugno 1931 Venturi sfidò nuovamente Roth a Bruxelles, nella capitale belga, dove perdette ai punti. Sconfitto subito dopo a Napoli dal campano Michele Palermo, concesse la chance tricolore al suo vincitore nel febbraio 1932 a Roma, confermandosi campione italiano con decisione. La stessa cosa accadde con Luigi Bonetti, che lo superò per squalifica nel primo confronto; nella rivincita, titolo in palio, Venturi lo sconfisse per fuori combattimento tecnico. Il romano, leader in patria, pensò ad una nuova sfida continentale contro il nuovo campione Adrien Anneet, pure belga come il precedente, e nel gennaio seguente tornò a Bruxelles per cercare di detronizzarlo, ma dovette accontentarsi di una sconfitta ai punti. Nell’ottobre di quell’anno, dopo una breve trasferta in Argentina, ritornò campione italiano spodestando Michele Palermo. La terza chance europea interessò Venturi nel settembre 1934, a Zurigo, Svizzera, dove pareggiò con il campione Gustav Eder, tedesco, battuto cinque mesi prima nella capitale italiana. In ottobre mantenne il titolo nazionale a spese del concittadino Vincenzo Rocchi. Nel giugno 1935 viaggiò fino ad Amburgo per contendere ancora una volta la corona europea al tedesco Eder, ma tornò a casa senza il risultato sperato. Sconfitto dal più pesante milanese Mario Casadei, con il quale aveva vinto e pareggiato in precedenza, respinse lo sfidante al titolo Amedeo Djana. Lasciò la cintura nazionale per raggiungere gli Stati Uniti, dove rimase dal 1937 al 1938 insieme al fratello Enrico, già campione d’Italia e d’Europa dei pesi leggeri. Al ritorno in Italia continuò a misurarsi con i migliori connazionali. Nel febbraio 1940 sconfisse Dejana per l’eliminatoria al titolo tricolore ma cedette a Michele Palermo per il vacante campionato nel novembre seguente. Venturi, professionista dall’aprile 1924, decise di smettere nel febbraio 1941 dopo 114 confronti: 61-29-19-5 NC. (pubblicato il 5 luglio 2016)
 
6 luglio
 
Bucceroni, una carriera che meritava la chance mondiale
Tra i ragazzoni americani figli di italiani emigrati negli Stati Uniti si distinse anche Dan Bucceroni, di Filadelfia, in Pennsylvania, passato professionista nel novembre 1947, prima ancora di compiere i 20 anni di età. Il 6 luglio 1950 l’italo-americano affrontò il concittadino Doc Bee e lo annientò in due riprese, confermando il nomignolo di ‘ragazzo macellaio’ che lo accompagnò dal suo debutto a torso nudo. Da dilettante Bucceroni si fece conoscere in alcune competizioni di rilievo nazionale, i cui risultati lo catapultarono sulla scena dei prizefighters. Nel 1945 vinse il campionato Diamond Belt di Filadelfia tra i mediomassimi, per la stessa categoria nel 1947 si aggiudicò il torneo Golden Gloves di Chicago, il campionato Intercity della stessa città dell’Illinois e sconfisse l’olandese Heinrich Quentemeyer nel dual match USA-Europa. La prima sconfitta da professionista arrivò dopo 13 successi consecutivi nel settembre 1948, nel quartiere newyorkese di Bronx per mani del rodato Dick Wagner. La seconda perdita, la prima anzitempo, giunse dopo altri 18 successi, nel marzo 1951, dal campione californiano dei mediomassimi ‘Irish’ Bob Murphy a New York, dove, il mese seguente, riscattò la perdita contro Dick Wagner. Tornò nella grande mela nel dicembre successivo, quando sconfisse ai punti addirittura il “paisà” Roland LaStarza, superato fino ad allora solo dal grande Rocky Marciano. Nel 1952, dopo la netta affermazione su Aaron Wilson tornò a New York per concedere la rivincita a Roland LaStarza ma non seppe comportarsi come la prima volta e finì sconfitto ai punti. Continuò a vincere tra il 1952 ed il 1954 contro avversari quotati come Danny Nardico, Rocky Jones, Wes Bascom, Tommy Harrison, Jimmy Slade, Freddie Beshore e Hein Ten Hoff, già campione tedesco ed europeo della massima divisione. Era il periodo in cui la corona mondiale apparteneva a Rocky Marciano, il più noto degli italo-americani di quegli anni, con interessi molto distanti dalle aspirazioni del pugile di Filadelfia. Poi per Bucceroni arrivarono le sconfitte: da ‘Hurricane’ Tommy Jackson, futuro sfidante mondiale di Floyd Patteron, in Germania da Heinz Neuhaus, campione continentale in carica, e dall’argentino Cesar Brion. Il match con il sudamericano, nel dicembre 1954, segnò l’addio dopo 53 sfide: 47-6-0. (pubblicato il 6 luglio 2016)
 
7 luglio
 
Mackeed Mofokeng, campione ai tempi dell’apartheid
Quando in Sudafrica vigeva la legge nazionale dell’apartheid, che si traduceva nella politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca, gli atleti di colore non potevano gareggiare con atleti bianchi. Durante gli anni in cui questo tipo di crimine fu perpetrato in quel paese furono istituiti campionati solo tra atleti negri. Il 7 luglio 1961 a Johannesburg il peso welter Mackeed Mofokeng mantenne per la seconda volta il titolo Transvaal, all’epoca regione sudafricana, destinato ai pugili non bianchi, vincendo ai punti in 10 riprese contro Gabriel Seleke. Nel febbraio precedente Mofokeng provò a conquistare la cintura nazionale, quella riservata ai pugili non bianchi, ma il campione Joas Kangaroo Maoto lo superò con decisione in 12 tempi. Mofokeng s’impegnò nella difesa della corona regionale, nelle cui sfide divenne imbattibile, provando, di tanto in tanto, a sfidare il nuovo campione nazionale Joe Ngidi, contro il quale dovette cedere nel settembre del 1962 e del 1967. L’abile Mofokeng vinse il campionato sudafricano dei pesi welter per i pugili non bianchi, al suo quarto tentativo, nel settembre 1968, superando Mike Ramagole. Il mese seguente cercò la notorietà internazionale affrontando lo statunitense Eddie Perkins, ex campione del mondo dei pesi superleggeri, a Soweto, quartiere negro per antonomasia di Johannesburg, ma l’ancora valido americano si affermò sulle 10 riprese. Mofokeng  mantenne la cintura sudafricana per altre quattro volte prima di cederla a Enoch Nhlapo nel maggio 1972. Provò senza successo a riprendersi il titolo nazionale in altre due occasioni. Continuò a combattere fino al novembre 1975, quando gli fu negato pure il titolo Transvaal, sua vecchia passione. Professionista dal dicembre 1957, Mofokeng disputò 77 combattimenti: 52-24-1. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite dichiarò l’apartheid crimine internazionale, con il suo inserimento nella lista dei crimini contro l’umanità, contrastandola fino alla sua cancellazione avvenuta nel 1990, con l’inizio di una nuova stagione. (pubblicato il 7 luglio 2016)
 
8 luglio
 
Marcello Padovani, campione italiano pesi leggeri
Il campione italiano numero 29 dei pesi leggeri fu il parmense Marcello Padovani che l’8 luglio 1957, a Bologna, tolse la cintura al barese Gaetano De Lucia al termine delle 12 riprese. Per l’occasione i due pugili si trovarono l’uno di fronte all’altro per la terza volta: nel primo confronto del febbraio 1953, a Parma, vinse l’emiliano sulle 10 riprese, mentre nel secondo match, avvenuto nel marzo 1957 a Torino, la vittoria andò al pugliese – difensore del titolo nazionale dei leggeri – per ferita dell’avversario nel settimo tempo. Il pugile emiliano iniziò la carriera professionistica nel luglio 1951 e continuò senza sconfitte fino al marzo 1954, quando venne fermato in 10 tempi da Bruno Visintin. Dopo il pari con Giancarlo Garbelli arrivò la sconfitta per mani dello stesso lombardo. Conobbe il terzo insuccesso da Mario Calcaterra nel maggio 1956, mese in cui pareggiò con Annibale Omodei a Pavia. Dopo tre vittorie finì squalificato a Bologna contro il romano Renato Giacchè. Come campione italiano Padovani fece una difesa del titolo nella sua città nell’ottobre 1957, quando si aggiudicò la vittoria nell’ottavo tempo per squalifica dell’udinese Mario Vecchiatto. Chiuse quell’anno a Ginevra, Svizerra, con il pareggio in 10 riprese ottenuto contro Epiphane Akono, francese originario del Camerun. Nel marzo 1958 Padovani tornò a Pavia per mettere in palio la cintura tricolore contro Annibale Omodei, pavese d’adozione: il confronto durò 12 riprese e la vittoria ai punti andò al pugile locale. Il parmense continuò a combattere fino al novembre 1959, perdendo a Nizza, Francia, nel combattimento numero 47: 29-10-7-1 NC. (pubblicato l'8 luglio 2016)
 
9 luglio
 
Aldo Traversaro, tre primati difficili da eguagliare
Vi è stato un florido periodo nel quale le amministrazioni comunali di località costiere usarono il canale televisivo per propagandare il proprio territorio, il panorama ambientale e turistico, attraverso combattimenti di pugilato, ospitati con appropriato scopo pubblicitario. Con tale intento il 9 luglio 1975 a Vieste, cittadina situata nell’area foggiata denominata ‘sperone d’Italia’, il campione italiano dei pesi mediomassimi Aldo Traversaro difese per la quinta volta la sua cintura, offrendo la chance ad Onelio Grando di Pordedone. Il pugile di Chiavari si affermò ancora una volta piegando l’avversario friulano nel corso della quinta ripresa. Traversaro iniziò come professionista nel luglio 1970 e nell’agosto di tre anni dopo, nella sua residenza, tolse il titolo nazionale a Domenico Adinolfi di Ceccano, con verdetto ai punti. Nel 1974 mantenne il tricolore per tre volte dinanzi a Renzo Grespan, Ennio Cometti e Mario Almanzo. L’anno seguente continuò a mantenere il primato italiano a spese di Franco Feligioni, il ricordato Grando ed ancora Ennio Cometti. Nel 1975 destinò alla difesa del titolo una solva prova, con Sergio Jannilli, conclusa pure con successo. Nell’ottobre di quell’anno affrontò a Milano il campione europeo Mate Parlov, jugoslavo di Spalato, nel tentativo di diventare campione continentale, ma perdette sulla distanza delle 15 riprese. Nel 1977 si dedicò ad altre due difese, ambedue a Pordenone: contro il locale Onelio Grando ed il romagnolo Cristiano Cavina. L’abbandono della cintura EBU da parte dello slavo Parlov aprì a Traversaro le porte del vecchio continente. Il campione ligure non si fece sfuggire la seconda occasione e nel novembre 1977 sconfisse in 11 tempi il britannico di origine giamaicana Bunny Johnson, nel confronto per il vacante campionato. L’anno seguente fu messo alla prova in tre difese del titolo EBU: pareggiò a Rotterdam con l’olandese Rudi Koopmans, vinse in cinque tempi a Ginevra sullo spagnolo con licenza svizzera Francois Fiol, poi impattò a Bibione, in provincia di Venezia, con Avenamar Peralta, argentino naturalizzato spagnolo. Pochi giorni dopo l’americano di origine italiana Mike Rossman, nato con il nome di Michael Albert De Piano, spodestò dal trono mondiale WBA l’argentino Victor Galindez, creando le condizioni per una difesa con Traversaro. Il match mondiale del ligure si svolse senza successo nel dicembre di quell’anno a Filadelfia e terminò nel sesto round per ferita. Traversaro venne chiamato a difendere il titolo EBU nuovamente contro l’olandese Rudi Koopmans nel marzo 1979, sempre a Rotterdam, dove, sconfitto in sette tempi, lasciò anche l’attività dopo 54 confronti: 44-4-6. Il ligure mantiene tre primati della sua divisione di peso: essere stato campione italiano per quattro anni consecutivi, aver difeso il titolo 8 volte ed aver vinto sempre prima del limite. (pubblicato il 9 luglio 2016)
 
10 luglio
 
A Bavaresco il campionato italiano superwelter
Per designare il campione italiano numero 23 dei pesi superwelter fu scovata la località siciliana di Mascalucia, situata lungo le pendici del monte Etna in provincia di Catania. Il 10 luglio 1986 nella cittadina etnea si trovarono a combattere per il vacante campionato il lombardo Calisto Bavaresco ed il pugliese Aldo Gesualdo. Il mancino Bavaresco iniziò a torso nudo nell’agosto 1981 ed arrivò al primo appuntamento tricolore con un cospicuo numero di combattimenti, macchiato due volte dallo zairese Mosimo Maeleke, che valevano circa il doppio dei combattimenti disputati dal foggiano Gesualdo. Al termine delle 12 riprese la vittoria ai punti fu assegnata al pugile di Lissone. Nel dicembre seguente il campione tornò nella terra di Trinacria per difendere la cintura contro l’ex titolare Angelo Liquori, lombardo di origine campana. Anche nella città di Ragusa il combattimento arrivò al limite delle 12 riprese e la decisione premiò Bavaresco. Nell’aprile del 1988 provò a sconfinare gli ambiti nazionali e sfidò l’argentino Ramon Gaspar Abeldano per il titolo WBC International dei pesi superwelter: nella sede portuale di Acciaroli, in provincia di Salerno, fu respinto dal sudamericano nella seconda ripresa. Bavaresco tornò alla vittoria nell’ottobre successivo a San Giuseppe Vesuviano, in provincia di Napoli, dopo 12 riprese combattute ancora con Angelo Liquori, per la difesa della fascia tricolore. Nel marzo dell’anno seguente tornò in Sicilia per la terza volta e lasciò il primato nazionale a Palermo, nelle mani del locale Giuseppe Leto, dopo la squalifica sofferta nell’ottavo tempo. Ritornò in corsa per il campionato italiano nel dicembre 1989 a Rossano Calabro ma trovò disco rosso di fronte al palermitano Santo Colombo. Disputò ancora tre confronti prima di abbandonare l’attività nel febbraio 1992, dopo 33 sfide: 24-6-3. (pubblicato il 10 luglio 2016)
 
11 luglio
 
Marco Gallo, tricolore in due categorie
La prima difesa del titolo italiano dei pesi piuma da parte di Marco Gallo avvenne l’11 luglio 1980 a Sondrio contro il locale Gianfranco Lalli. Il campione sovrastò lo sfidante nel giro di tre riprese, come fece quattro mesi prima nei confronti di Alfredo Mulas, quando gli tolse la cintura. Tra i due combattimenti titolati piegò in quattro tempi l’ex campione francese Gerard Jacob. Gallo, originario di Lagonegro, in provincia di Potenza, iniziò come professionista nel novembre 1977 a Pistoia, dove viveva. Fermato solo da Potito Di Muro e Natale Caredda, scalò presto la classifica nazionale grazie ai successi su Lorenzo Paciullo, Pasquale Morbidelli, Alessandro Nardi e Sergio Emili. Lasciò la cintura al siciliano Salvatore Melluzzo dopo sei mesi di regno. Sconfitto da Michele Siracusa e Jimmy Flint, ritornò a competere per il campionato italiano dei pesi piuma nel novembre 1981 a Rimini, ma il campione Loris Stecca lo superò al termine delle 12 riprese. Superato da Pasquale Mazza per ferita e da Giuseppe La Vite, pensò ad una nuova carriera tra i superpiuma, dopo aver battuto Franco Siddu, Angelo Bizzaro, Cosimo Lavino e Salvatore Liscapade. Nel settembre 1983 colse la seconda opportunità: a Pistoia sconfisse Potito Di Muro con decisione e riscattò l’insuccesso di cinque anni prima. Da quell’evento per Gallo iniziò una nuova stagione, che durò due anni pieni. Respinse le sfide di Alessandro Nardi, Angelo Bizzaro, Alfredo Raininger e per due volte Giuseppe La Vite. Nel gennaio 1986 a Catanzaro si confrontò con il belga Jean-Marc Renard per il vacante campionato EBU dei pesi piuma, ma una ferita lo eliminò nel corso dell’ottava frazione. Lasciò la categoria dei superpiuma e contese il vacante campionato italiano dei pesi leggeri al ligure Luca De Lorenzi, rimediando un cattivo esito. Gallo continuò ad esibirsi poche volte ancora fino al marzo 1990, quando decise di smettere dopo 40 sfide: 28-12-0. (pubblicato l'11 luglio 2016)
 
12 luglio
 
Molesini campione d'Italia
Sono tanti i campioni d’Italia che nelle loro innumerevoli sfide tricolori non hanno avuto il piacere di competere almeno una volta dinanzi ai loro concittadini, tra le mura casalinghe. Tra i diversi pugili si trova Giovanni Molesini, campione nazionale dei pesi welter. La terza difesa del titolo da parte del cremonese avvenne il 12 luglio 1978 a Pistoia, nel riparo dello sfidante Vittorio Conte, titolare italiano nel biennio precedente. Il confronto arrivò al limite delle 12 riprese ed il risultato di parità lasciò al lombardo la cintura nazionale. Molesini, professionista dal settembre 1972, giunse al primo appuntamento tricolore nel gennaio 1975, con un bel record immacolato, rovinato per una ferita rimediata a Milano contro il titolare Domenico Di Jorio, invitto campano di Mugnano, Napoli. Il cremonese riprese la via delle vittorie che lo condussero al secondo rendez-vous per il campionato italiano. Nell’ottobre 1977 andò a Terracina, in provincia di Latina, ambiente familiare al campione Tommaso Marocco di Priverno e gli tolse la corona nazionale per squalifica. In novembre, a Milano, respinse poi il romagnolo Italo Venturi con decisione in 12 tempi.  Tornato nel capoluogo lombardo nel marzo 1978 fece lo stesso contro il veneto Paolo Zanusso. Archiviata la difesa con Vittorio Conte, nel gennaio 1979 si presentò a Salerno per rigettare l’attacco del napoletano Ciro Seta, superato anni addietro per squalifica. La quarta difesa del titolo italiano si risolse a favore di Molesini nel corso della nona ripresa. Il suo regno nazionale durò ancora pochi mesi: nel luglio seguente a Rimini, dovette cedere il primato tricolore al locale Pierangelo Pira in cinque tempi. Tornò a combattere per l’ultima volta nel Santo Stefano pugilistico di quell’anno, a Piacenza, chiudendo con il record di 37 combattimenti: 33-2-2. (pubblicato il 12 luglio 2016)
 
13 luglio
 
Ringo Bonavena, solo un gradino sotto il mondiale
La storia pugilistica argentina è costellata di nomi che echeggiano origine italiche. Tra essi si trova l’appellativo di Oscar Bonavena, peso massimo che il 13 luglio 1974 si esibì nel palazzo dello sport di Roma contro il canadese Larry Renaud. Il pugile sudamericano vinse nella terza ripresa, confermando le sue doti di colpitore efficace. ‘Ringo’ Bonavena tornò nella capitale italiana ancora due volte quell’anno, con altrettante conclusioni prima del limite. In precedenza mise piede in Italia per conoscere la Calabria, terra dei suoi progenitori, in una delle due occasioni che lo portarono a combattere in Germania. Il pugile di Buenos Aires debuttò tra i professionisti a New York nel gennaio del 1964. Fece ritorno in Argentina dopo la sconfitta avuta dallo statunitense Zora Folley nella febbraio 1965. Nel settembre di quell’anno conquistò la cintura nazionale a spese di Gregorio Peralta. Superato a Mar del Plata dal connazionale Jose Giorgetti per squalifica, tornò nella ‘grande mela’ a giugno dell’anno seguente quando s’impose al canadese George Chuvalo sulle 10 riprese, entrando a pieno titolo nella classifica dei migliori al mondo. Tre mesi dopo, ancora a New York perdette sulla stessa distanza contro Joe Frazier, oro olimpico a Tokyo che per la prima volta arrivò al limite delle riprese. Riprese la via del successo sui quadrati dell’Argentina prima di partecipare alla fase eliminatoria per il campionato mondiale della WBA che lo portò a combattere all’estero: sconfisse il tedesco Karl Middenberger in Germania ma dovette cedere a Jimmy Ellis negli Stati Uniti. Nel 1968 ripartì la serie positiva dalla sua terra, dove infilò successi convincenti contro Roberto Davila del Perù e gli statunitensi Zora Folley (vendicando la prima macchia a torso nudo) e Leotis Martin. Nel dicembre di quell’anno arrivò a Filadelfia per snidare il campione del mondo Joe Frazier, cedendo ai punti dopo 15 tempi. Nell’anno seguente, dopo una facile trasferta a Berlino, pareggiò a Montevideo con il connazionale Gregorio Peralta, sconfitto quattro anni prima. Aprì il 1970 con una squalifica a vantaggio del connazionale Miguel Angel Paez; continuò con prestazioni sbrigative prima di affrontare Muhammad Ali a New York e rimanere sconfitto alla fine del quindicesimo ed ultimo round. Tornato alla vittoria nel 1971, conobbe un’altra sconfitta ai punti nel 1972 contro l’ex campione mondiale Floyd Patterson. Dopo i successi del 1973, nel marzo dell’anno seguente venne fermato per decisione in 12 tempi a Denver dal picchiatore locale Ron Lyle. Continuò a combattere fino al febbraio 1976 con il palmares di 68 peleas: 58-9-1. Morì assassinato quattro mesi dopo a Reno, Nevada. (pubblicato il 13 luglio 2016)
 
14 luglio
 
Cesare Di Benedetto, campione italiano
Una delle ultime speranze italiane dei pesi massimi fu l’abruzzese Cesare Di Benedetto, alto poco più di 2 metri, passato al professionismo nel marzo 1982. Il pugile di Avezzano, provincia di L’Aquila, la sera del 14 luglio 1989 conquistò il vacante titolo nazionale nel comune di San Vincenzo, in provincia di Livorno, per squalifica dell’avversario ligure Stefano Vassallo. A quella data Di Benedetto aveva già dimostrato tutti i suoi requisiti pugilistici che sconfessarono le aspettative risposte nel suo fisico non comune. Dopo un avvio accattivante, infatti, nel giugno 1985 pareggiò con l’ugandese George Ajio, superato due volte prima del limite nel secondo anno professionistico. Nel novembre seguente cedette anzitempo a Guido Trane. Nel settembre dell’anno successivo sottomise nuovamente l’africano George Ajio prima di soccombere nuovamente dinanzi a Guido Trane per il campionato italiano posseduto dal brindisino. Dopo la stasi del 1987 l’abruzzese si ripresentò sul ring l’anno seguente, vincendo ancora per la via rapida contro il noto George Ajio ed ai punti sullo zairese Mbuyanba Kalombo. Dopo l’acquisizione del titolo italiano a spese di Stefano Vassallo, aspettò due anni prima di mettere in palio la sua corona. Nel frattempo usò la sua potenza per debellare l’inglese Denny Bryan nella sua cittadina marsicana. Nel febbraio 1991 in Gran Bretagna disputò 10 riprese con l’inglese John Fury, padre ed allenatore di Tyson Fury, ultimo vincitore di Wladimir Klitschko. Nel luglio seguente per Di Benedetto arrivò finalmente la difesa del titolo italiano, nella cittadina lombarda di Abbiategrasso, ma lo sfidante campano Biagio Chianese gli tolse la fascia tricolore nella sesta ripresa. L’abruzzese lasciò la boxe quella sera, dopo 22 sfide: 17-4-1. (pubblicato il 14 luglio 2016)
 
15 luglio
 
Emilio Marconi, invincibile a Grosseto
Ci sono pugili italiani che vantano di non aver mai subìto una sconfitta nei combattimenti disputati sul ring della propria città. Così accadde ad Emilio Marconi che debuttò tra i professionisti nel dicembre 1949 nella sua Grosseto. Nel capoluogo maremmano il 15 luglio 1950 Marconi sconfisse il campione austriaco dei pesi leggeri Fritz Minich dopo una prova durata 10 riprese. Nell’aprile 1952 a Cagliari sfidò il campione italiano dei pesi leggeri Duilio Loi, perdendo ai punti in 12 tempi. Si ripresentò come challenger di Loi nel settembre dell’anno seguente a Grosseto, dove il risultato di parità lasciò la cintura nazionale dei pesi leggeri al campione triestino. Passato tra i pesi welter, nell’aprile 1955 vinse con decisione il match combattuto contro il romano Luigi Valentini, valevole per il vacante campionato dei pesi welter. Nel settembre seguente, a Bologna, respinse la chance dell’altro capitolino Luigi Coluzzi con verdetto ai punti, vendicando la sconfitta avuta a Roma 17 mesi prima. La sua città lo sostenne nel febbraio 1956 quando detronizzò dal piedistallo europeo Idrissa Dione, francese originario del Congo, al termine di 15 riprese. Nell’ottobre di quell’anno tornò a Bologna e mise in palio la cintura continentale contro il transalpino Valere Benedetto, vincendo per qualifica nel tredicesimo round. Mantenne la corona europea a Roma, nel maggio 1957, dopo 15 riprese finite in parità con il londinese Peter Herman, al quale dovette cederla nel gennaio dell’anno seguente in Inghilterra,con una soluzione finita nella quattordicesima frazione. Marconi si riprese la corona del vecchio continente nel dicembre 1958 a Milano, dopo aver superato sulle quindici riprese il guardia destra francese Jacques Herbillon. Si ripresentò nel capoluogo lombardo nell’aprile 1959 per il terzo confronto con Duilio Loi, al quale lasciò la sua cintura europea dopo il verdetto deciso al termine delle 15 riprese. Marconi chiuse la carriera nell’ottobre di quell’anno, dopo aver ceduto in Danimarca al locale Christian Christensen, con 72 confronti: 52-12-7-1 NC. (pubblicato il 15 luglio 2016)
 
16 luglio
 
Bruno Ravaglia batte Germano Cavalieri
La carriera del peso leggero Bruno Ravaglia, guardia destra di Faenza, provincia di Ravenna, dispiegatasi per molti combattimenti nella vicina Lugo, oltre che nella città di nascita ed in altre poche località dell’Emilia-Romagna, si svolse poche volte fuori dei confini regionali. In una delle esigue trasferte a sud del Rubicone, il 16 luglio 1960, ad Ancona, affrontò il veneziano Germano Cavalieri, vincendo il confronto sulla distanza delle 10 riprese. Ravaglia, componente della squadra nazionale, partecipò ai campionati europei del 1955, nella Berlino occidentale, perdendo al terzo match per la categoria dei pesi superleggeri. Passò professionista nel settembre 1957 ed in12 mesi arrivò all’appuntamento tricolore dei pesi leggeri, sfidando il campione Mario Vecchiatto, reduce dal pareggio conseguito contro Duilio Loi per il campionato europeo: a Lugo il desiderio di Ravaglia s’infranse dopo il verdetto nullo deciso al termine delle 12 riprese. Nel 1959 viaggiò fino nella terra dei canguri, vincendo a Melbourne e perdendo, per la prima volta a torso nudo, a Sydney. Dopo due successi, conobbe la seconda sconfitta a Ravenna dal locale Vittorio Mancini. Chiuse il 1960, dopo cinque trionfi, con il terzo insuccesso da professionista, a Livorno, per mani del locale Franco Nenci. Nel maggio 1961 a Cantù provò a togliere il titolo italiano dei pesi leggeri al campione Giordano Campari ma non superò la prima ripresa. Ravaglia disputò ancora due confronti positivi, entrambi a Faenza, prima di abbandonare l’attività, nel febbraio 1962, dopo 38 sfide: 33-4-1. (pubblicato il 16 luglio 2016)
 
17 luglio
 
Tony Janiro, tra i prof a 16 anni
La lista dei nomi ‘scodellati’ per il pugilato statunitense dalla città di Youngstown, Ohio, è lunghissima. Uno dei suoi personaggi fu Tony Janiro, nato a Springdale, Pennsylvania, con il nome di Anthony Gianiro da una famiglia emigrata dall’Italia. All’apice della sua carriera, il 17 luglio 1950 a Brooklyn, l’italo-americano affrontò il newyorkese Sonny Levitt e lo sconfisse ai punti. Janiro fu un pugile colmo di talento, veloce con le braccia e sulle gambe; colpitore eccezionale, non ebbe l’adeguata potenza per arrivare sulla massima cima internazionale. Nonostante la carenza di ‘pugno’ arrivò al top tra i welter ed i medi. A sedici anni Janiro si trasferì a New York per iniziare a combattere tra i professionisti, seguendo i consigli di un altro italo-americano di Youngstown, Lenny ‘Boom Boom’ Mancini, padre di Ray Mancini, che lo presentò al suo manager Frankie Jacobs ed al trainer Ray Arcel. Iniziò a torso nudo come peso leggero nel dicembre 1943 a Elizabeth, New Jersey, e smise nel giugno 1952 a Parigi, in Francia, dopo aver compilato il record con 97 sfide: 80-15-2. Undici delle sue sconfitte avvennero negli ultimi cinque anni. Nel 1946 Janiro fu classificato tra i migliori pesi welter al mondo, ma iniziò a combattere con i pesi medi perché molti dominatori dei welter si rifiutarono di affrontarlo. A meno 20 anni di età, nonostante i suoi successi non ottenne mai la chance mondiale. Durante un suo combattimento nel Madison Square Garden di New York il Presidente degli Stati Uniti in carica Harry S. Truman, appassionato di pugilato, lo volle conoscere personalmente per stringergli la mano e congratularsi. Gli avversari di Janiro, alcuni dei migliori welter e medi della sua epoca, furono Johnny Greco, Tony Pellone, Beau Jack, Jake LaMotta, Laverne Roach, Lou Valles, Henry Hall, Rocky Castellani, Charley Fusari, Rocky Garziano, Sonny Levitt, Kid Gavilan, Fitzie Pruden, Laurent Dauthuille e Charles Humez. Morì a 57 anni per insufficienza renale derivante da infarto. (pubblicato il 17 luglio 2016)
 
18 luglio
 
Mario Vecchiatto all'ultima prova
Nell’ultimo combattimento della carriera l’udinese Mario Vecchiatto difese il titolo italiano dei pesi leggeri contro il livornese Franco Brondi. La sfida si svolse il 18 luglio 1963 a Lignano Sabbiadoro, nota località balneare situata nella provincia del campione, ed il risultato ai punti in 12 riprese lasciò al titolare la soddisfazione del trionfo finale. Vecchiatto passò professionista nel settembre 1954, lasciando alle spalle una distinta carriera dilettantistica avvalorata dalla vittoria agli assoluti di Bologna dell’anno precedente, tra i pesi superleggeri. La prima sconfitta arrivò dopo tredici mesi ad opera del cremonese Ray (Giovanni) Paini. Il secondo insuccesso lo trovò a La Spezia contro il locale Bruno Visintin, nel settembre 1956, per il titolo italiano dei leggeri. La terza perdita arrivò a Parma dal suo cittadino Marcello Padovani, nell’ottobre 1957, ancora per la cintura nazionale dei leggeri. Alla terza sfida tricolore, nell’agosto 1958 a Lignano Sabbiadoro, l’udinese tolse il titolo al lombardo Annibale Omodei. All’inizio di settembre affrontò a Milano il campione europeo dei leggeri Duilio Loi, chiudendo la sfida con il risultato di parità. Uguale verdetto ottenne alla fine dello stesso mese contro Bruno Ravaglia a Lugo, nella prima difesa della cintura italiana. Vecchiatto tornò a combattere nella sua città nel febbraio 1959 per mettere in palio vittoriosamente il suo titolo italiano contro il veneziano Germano Cavalieri. Nel maggio di quell’anno fu attratto da una trasferta negli Stati Uniti, dove perse da Bobby Scanlon, pugile di qualificazione mondiale. Tornato al successo a Ginevra, Svizzera, su Epiphane Okono, in ottobre competé a Milano per il vacante campionato dei pesi leggeri che conquistò contro Lahouari Godih, francese di origine algerina. L’anno seguente, dopo due affermazioni a Parigi, perdette i suoi due titoli: in marzo l’europeo a Londra ad opera dell’inglese Dave Charnley; in ottobre il tricolore per effetto del pavese Giordano Campari. Vinse nuovamente un match per il vacante campionato dei pesi leggeri nel dicembre 1962 a Roma a spese del capitolino Renato Giacchè. Nel suo record, composto da 77 sfide (59-9-9), si trovano altri nomi rilevanti per quegli anni quali Orlando Zulueta, Felix Chiocca, Fred Galiana, Rafiu King, Angel Robinson Garcia, Valerio Nunez e Sandro Lopopolo. (pubblicato il 18 luglio 2016)
 
19 luglio
 
Barbadoro porta il titolo italiano a Trieste
Nella lunga lista di pugili triestini, autoctoni o di adozione, ha lasciato traccia visibile nel pugilato italiano Nello Bardadoro, nato nel pesarese ma cresciuto nella città di San Giusto. Questi il 19 luglio 1952 a Milano disputò il suo primo campionato italiano dei pesi piuma, allora vacante, contro il romano Alvaro Cerasani, già campione nazionale della categoria. Nel capoluogo lombardo Bardadoro piegò il capitolino nel corso della terza ripresa. Il triestino fece il debutto tra i professionisti con successo nell’aprile 1950 in Svizzera. Nel marzo del 1952 si guadagnò la designazione al titolo italiano dopo aver vinto la semifinale a Trieste sul laziale Dante Venturi, con il quale aveva impattato un anno prima a Roma. Con la qualità di campione d’Italia il triestino venne incautamente offerto al campione europeo Ray Famechon, francese che vantava il titolo continentale dal marzo 1948, esaltato da cinque difese di successo, con un tentativo mondiale contro il grande Willie Pep. Nell’ottobre 1952, a Milano, Barbadoro completò la sua opposizione al transalpino nella quarta frazione. Nel gennaio dell’anno seguente lasciò la sua cintura tricolore a Grosseto nelle mani del locale Altidoro Polidoro, contro il quale tentò inutilmente di riprenderla nel dicembre successivo, sempre nel capoluogo maremmano. Nel 1954 pareggiò a Tunisi con il magrebino Mohamed Abdelkrim, perse a Sassari dal sardo Gavino Furesi che aveva sconfitto l’anno precedente; piegò a Vienna l’austriaco Willi Swoboda; fece lo stesso a Milano con Flaviano Ciancarelli e continuò con successo fino all’aprile 1955 quando a Torino dovette cedere il passo al peso leggero Bruno Visintin. Continuò a mietere successi per ritrovarsi ancora a Grosseto, nell’aprile 1956, al cospetto del campione Altidoro Polidoro: nel terzo confronto Barbadoro mise assieme tutta l’esperienza maturata nelle due precedenti sconfitte e tolse la cintura italiana all’idolo toscano. Il triestino perse nuovamente il titolo alla prima difesa, nell’agosto seguente a Civita Castellana, nel viterbese, capitolando dinanzi all’imbattuto locale Sergio Caprari. Risorse a Liegi sul belga Jean Sneyers, ex campione continentale dei pesi mosca, gallo e piuma. Continuò la serie di successi ancora per due anni, poi, nel luglio 1959 a Rimini, salutò il ring dopo la confitta con lo spezzino Alberto Serti, al termine della sfida numero 48: 37-7-4. (pubblicato il 19 luglio 2016)
 
20 luglio
 
Scano e Di Jorio al terzo appuntamento
Il terzo scontro, quello decisivo, tra il cagliaritano Marco Scano ed il campano Domenico Di Jorio, valevole per il campionato italiano dei pesi welter detenuto dal pugile di Mugnano, si svolse il 20 luglio 1975 a Santa Teresa di Gallura, piccolo centro sardo che guarda a nord la vicina costa meridionale della Corsica. Come nelle altre due occasioni, il match arrivò alla fine delle 12 riprese e  la decisione ai punti fu consegnata al pugile isolano che si liberò dei due verdetti precedenti, conferendogli il titolo di campione d’Italia per la terza volta. Nel primo confronto dell’ottobre 1973, tenuto nella cittadina di Albenga, provincia di Savona, Scano venne privato per la seconda volta della cintura nazionale dei pesi welter; nella rivincita, ospitata nella cittadina sarda di Alghero nell’agosto 1974, il titolo rimase al pugile campano con il risultato di parità. Scano iniziò l’esperienza a torso nudo nel febbraio 1969, dopo una ragguardevole cognizione amatoriale che lo vide vincitore nei campionati mondiali militari del 1965 e negli assoluti di Napoli del 1967, con una breve apparizione alle olimpiadi di Città del Messico nel 1968. Tolse la fascia tricolore dei professionisti al romano Giovanni Zampieri nel febbraio 1971, e la mantenne contro le sfide di Aldo Mondora, Romualdo D’Alò e nuovamente Giovanni Zampieri, prima di lasciarla per ferita nelle mani di Giuliano Nervino, nel settembre 1972 a Brescia. Scano tornò nella stessa città, conosciuta con l’appellativo la Leonessa d’Italia, nell’aprile dell’anno seguente per riprendere la cintura nazionale, cosa che fece. Durante il suo terzo regno Scano ottenne la qualificazione al vacante campionato europeo dei pesi welter: nell’aprile 1976, tra i suoi concittadini, il cagliaritano stroncò nella seconda ripresa il gallese Pat Thomas, campione britannico della categoria, vestendo la prestigiosa cintura continentale. Nel novembre di quell’anno mise in palio vittoriosamente la corona contro il napoletano Luciano Borraccia. La successiva difesa lo portò nel giugno 1977 a Randers, in Danimarca, ad affrontare il locale Joergen Hansen, al quale dovette cedere il primato del vecchio continente. Scano continuò a combattere in modo discontinuo ancora per due stagioni, lasciando il ring nell’ottobre 1979 dopo 48 confronti: 40-5-3. (pubblicato il 20 luglio 2016)
 
21 luglio
 
Franco Cavicchi sul tetto d'Europa
La prima difesa del titolo europeo da parte del bolognese Franco Cavicchi ebbe luogo nella sua città il 21 luglio 1956 contro il tedesco Heinz Neuhaus, al quale lo aveva tolto, nello stesso luogo 13 mesi prima. Per l’emiliano apparve doveroso incrociare i guantoni con il pugile giunto da Dortmund perché lo stesso, dopo avergli ceduto ai punti nel giugno 1955, lo superò per squalifica 3 mesi dopo in Germania, senza titolo in palio. Nel terzo confronto Cavicchi regolò i conti con un decisivo fuori combattimento determinato nell’undicesima ripresa. Il suo regno continentale finì nel settembre 1956, dinanzi ai suoi instancabili sostenitori, per effetto dei colpi dello svedese Ingemar Johannson, futuro campione del mondo. La carriera professionistica di Cavicchi iniziò nell’ottobre 1952, dopo aver chiuso la parentesi dilettantistica con la vittoria ai campionati assoluti di quell’anno, tenuti a Trieste. Nel secondo anno pareggiò due volte con il tedesco Hans Friedrich che lo sconfisse mentre era campione d’Europa, nel giugno 1956, senza titolo il palio. Poi venne il primo insuccesso ad opera del tedesco Hugo Salfeld, a Monaco di Baviera. In seguito infilò una serie impressionante di successi che lo condussero al campionato italiano dei pesi massimi. A Milano, nell’ottobre 1954, tolse il primato nazionale a Uber Bacilieri di Copparo, Ferrara, e proseguì la superba marcia vincente fino alla ricordata tappa europea dell’anno seguente. Dopo la perdita della corona continentale tornò a vincere in modo sbrigativo ma venne fermato due volte di seguito dallo spagnolo Jose Gonzalez, campione nazionale. La successiva serie di trionfi si arrestò dinanzi all’italo-americano Willie Pastrano, in seguito campione mondiale dei mediomassimi, e all’imbattuto connazionale Giacomo Bozzano, primo italiano ad averlo sconfitto. Nel 1959 non subì sconfitte: pareggiò con il tedesco Uli Ritter, superato nella rivincita dopo il successo su Federico Friso. L’anno seguente cedette il passo al transalpino Francis Magnetto, sconfitto nella rivincita; s’impose al britannico Joe Baygraves, al tedesco Horst Niche ed al londinese Jimmy Cooper, fratello gemello di Sir Henry, prima di cedere al teutonico Karl Mildenberger, futuro campione d’Europa. Perse dallo statunitense Bert Whitehurst e dal tedesco Ulli Nitschke, poi sfidò a Bologna il campione italiano Rocco Mazzola, chiudendo l’incontro con un pareggio nell’ottobre 1961. L’anno seguente, in marzo, ancora nella sua città, divenne per la seconda volta campione d’Italia a spese del lucano Rocco Mazzola. Nel maggio seguente, a Brescia, a causa di una squalifica lasciò il titolo nelle mani del locale Santo Amonti, già campione nazionale dei mediomassimi. Riscosse ancora due successi prima di cedere all’americano Tommy Fields, nel febbraio 1963, e lasciare la boxe dopo 89 confronti: 71-14-4. (pubblicato il 21 luglio 2016)
 
22 luglio
 
Ermanno Fasoli, un titolo italiano redditizio
Il sesto campione italiano dei pesi superleggeri fu Ermanno Fasoli di Lecco che il 22 luglio 1970 a St Vincent, un tempo chiamato San Vincenzo della Fonte, comune termale situato nella provincia di Aosta, mise in palio il suo titolo contro il grossetano Italo Duranti. Per il lombardo si trattò della seconda difesa, conclusa positivamente al termine delle 12 riprese. Fasoli intraprese la professione a torso nudo nel marzo 1966, dopo una smagliante esperienza dilettantistica che nel 1964 lo vide primeggiare agli assoluti di Roma e partecipare alle olimpiadi di Tokyo, dove perdette al secondo turno, poi, nella parte orientale di Berlino, ottenne la medaglia di bronzo ai campionati europei del 1965, costretto a rinunciare alla semifinale per un infortunio. Sconfitto solo da Silvano Lucherini per ferita, nel dicembre 1968 ottenne lo stesso risultato a scapito di Pietro Vargellini, vincendo la semifinale al campionato italiano dei pesi superleggeri. L’appuntamento con il titolo nazionale arrivò nel maggio dell’anno seguente a Livorno, dove affrontò il locale Romano Fanali rimanendo sconfitto ancora a causa di una ferita, decisiva nel settimo tempo. Nella rivincita fissata quattro mesi dopo a Cecina, cittadina del livornese, Fasoli tolse la cintura a Fanali, fermato da una ferita nella sesta ripresa. Nel 1970 il lecchese gestì in modo proficuo il suo patrimonio tricolore, mettendolo in palio in maggio contro il carrarese Piero Cerù, poi con il ricordato Duranti, quindi in settembre con la vecchia conoscenza Fanali, infine contro il leccese Bruno Melissano. Nel marzo dell’anno seguente a Roma dovette inchinarsi in sette riprese al toscano Piero Cerù, lasciandogli il titolo italiano. Ritornò a vincere e nel gennaio 1971 viaggiò fino a Johannesburg, concludendo con un pari il confronto con il sudafricano Stoffel Steyn. Il mese seguente, nel secondo ingaggio all’estero, arrivò a Parigi dove venne sconfitto per ferita dal francese di origine africana Joseph Sossou. Fu quello il suo ultimo combattimento, il numero 43: 35-5-2-1 NC. (pubblicato il 22 luglio 2016)
 
23 luglio
 
Giovanni Bosetti e Pietro Petasecca, avversari tra i gallo
La rivincita tra il milanese Giovanni Bosetti ed il romano Pietro Petasecca si svolse nel capoluogo lombardo il 23 luglio 1922, all’insegna del campionato italiano dei pesi gallo: quella sera il pugile locale tolse il titolo al laziale per abbandono nel decimo tempo. I due si affrontarono una prima volta, per il vacante tricolore dei gallo, nell’ottobre dell’anno precedente a Roma, ed il capitolino divenne il campione numero quattro della categoria per squalifica del milanese nella ripresa iniziale. All’epoca Bosetti vantava già il titolo italiano dei pesi piuma, conquistato per squalifica del milanese Azzo Gentili nel febbraio 1919 a Milano. Nel settembre dello stesso anno, sempre a Milano, lasciò la cintura dei piuma all’altro milanese Enea Marzorati che lo piegò in una ripresa. Il regno di Bosetti tra i pesi gallo fu interrotto alla prima difesa, nel gennaio 1923 a Roma, per mani del concittadino Tullio Alessandri che lo superò con verdetto dopo 15 riprese. Bosetti disputò un altro campionato italiano, tra i pesi mosca, contro il campione Enea Marzorati, nel febbraio 1926 a Milano, finendo la sua corsa nella sesta frazione. Lasciò il pugilato nell’agosto seguente dopo aver disputato 34 sfide: 12-17-5. Anche Petasecca si cimentò per il campionato italiano dei pesi mosca, sfidando due volte senza successo il titolare Enea Marzorati nel 1923 e nel 1925. Anche lui chiuse con la boxe dopo 34 combattimenti (8-17-6-3 NC), nel luglio 1927. (pubblicato il 23 luglio 2016)
 
24 luglio
 
Giuseppe Facchi campione d'Italia
Dopo la metà degli anni ’40 fece una emozionante apparizione nel mondo professionistico Giuseppe Facchi, detto Pino, come lo chiamavano affettuosamente i suoi amici e sostenitori di Crema. Dal settembre 1947, quando debuttò, arrivò al campionato italiano in 10 mesi: il 24 luglio 1948 sfidò nella sua cittadina il titolare nazionale dei pesi welter, il più esperto Michele Palermo, e gli tolse la fascia tricolore con il verdetto di squalifica. Facchi vantò tra i dilettanti la vittoria ai campionati assoluti nelle edizioni del 1946 a Lucca e del 1948 a Viareggio. Con questo biglietto da visita la sua carriera a torso nudo fu una corsa ad ostacoli. Nell’aprile 1948, dopo soltanto 8 confronti, venne opposto al veterano Aldo Minelli, che vantava 80 combattimenti in più, di livello internazionale. Il cremasco dovette accontentarsi della sconfitta ai punti in 10 riprese. Pure il confronto con il provetto Michele Palermo, noto anche con il nome di ‘Kid Frattini’, sembrò prematuro, ma la squalifica del casertano lo incoronò campione d’Italia. Nel novembre di quel fatidico 1948 la sua monarchia nazionale fu impedita dal romano Fernando Jannili che lo detronizzò con verdetto ai punti dopo 12 riprese. In seguito non ottenne alcun’altra occasione di competere per un campionato italiano. Nel 1949, dopo il pari a Milano con Amedeo Dejana rimase sconfitto a Ginevra dall’emergente francese Charles Humez, futuro campione nazionale ed europeo dei welter e medi, vincitore di tutti gli italiani affrontati. In quell’anno, dopo alcuni successi perse anche da Michele Palermo a Napoli. Facchi continuò a combattere con alterna fortuna fino al febbraio 1952, quando decise di lasciare la boxe con il record di 41 incontri: 25-13-3. (pubblicato il 24 luglio 2016)
 
25 luglio
 
Lopopolo, l'italiano prima del mondiale
Il primo campione italiano dei pesi superleggeri fu il milanese Sandro Lopopolo che il 25 luglio 1964, per la sua seconda difesa del titolo andò a Senigallia, in provincia di Ancona, per affrontare l’anconetano Massimo Consolati, alla prima esperienza tricolore. Il pugile lombardo s’impose all’avversario marchigiano con decisione in 12 riprese. Lopopolo divenne popolare già nell’estate 1960 quando partecipò alle olimpiadi di Roma e vinse la medaglia d’argento tra i pesi leggeri, perdendo la finale dopo cinque successi. Passò professionista nel gennaio dell’anno seguente ed arrivò imbattuto alla conquista dell’inaugurale titolo nazionale dei pesi superleggeri. La prima sconfitta giunse nel settembre 1964 dall’aretino Piero Brandi che gli tolse il tricolore. Riconquistò la cintura contro lo stesso toscano nel marzo dell’anno seguente. Quattro mesi dopo la Spagna lo ospitò nel confronto con l’iberico Juan Albornoz per il vacante campionato europeo, nel quale rimase sconfitto dopo 15 riprese. Archiviata la difesa del titolo con il capitolino Romano Bianchi, puntò alla conquista del titolo mondiale welter jr posseduto dal ‘Morocho’ venezuelano Carlos Hernandez: il 30 aprile 1966 nel Palazzo dello Sport di Roma il sogno iridato di Lopopolo si avverò dopo 15 riprese. Quell’anno conobbe due sconfitte ai punti, senza titolo in palio, in Venezuela contro Vicente Rivas ed in Argentina da Nicolino Loche, futuro iridato della categoria. Nell’ottobre seguente tornò a Roma per mettere in palio la cintura mondiale contro quel Vicente Rivas che lo aveva superato a Caracas. La rivincita diede ragione a Lopopolo che respinse le velleità del sudamericano nel corso dell’ottava frazione. Il regno iridato di Lopopolo durò esattamente un anno: allo scadere dei 12 mesi lasciò la corona mondiale a Tokyo nelle mani del giapponese Paul Fuji. Nell’aprile 1970 partecipò nuovamente al vacante campionato europeo dei pesi superleggeri a Montecatini Terme, ma la cintura andò al francese Rene Roque dopo 15 tempi. L’anno successivo tornò grande a Parigi dove si presentò come peso welter: pareggiò con Marcel Cerdan Jr, sconfisse Roger Menetrey e perdette da Robert Gallois, Nel febbraio 1972, sempre nella capitale francese,  disputò il suo terzo campionato d’Europa, ancora vacante dei pesi superleggeri, con il transalpino Roger Zami, e, come nella altre due occasioni rimase sconfitto al termine delle 15 riprese. Tornò nella terra dei Galli nel dicembre di quell’anno, a Grenoble, per contendere senza successo al francese Roger Menetrey la sua corona continentale dei pesi welter. Lopopolo disputò l’ultimo combattimento nel marzo 1973, lasciando l’attività con il rammarico di non aver vinto almeno una volta il titolo del vecchio continente, dopo 77 sfide: 59-10-7-1. (pubblicato il 25 luglio 2016)
 
26 luglio
 
Guido Nardecchia supera Gavino Matta
La prima difesa del titolo italiano dei pesi mosca ad opera del campione Guido Nardecchia, di Roma, si svolse il 26 luglio 1948 a Bologna contro Gavino Matta, sardo di Sassari. Al termine delle 12 riprese la vittoria ai punti venne assegnata al laziale. Nardecchia divenne professionista nel settembre 1945 e dopo pochi combattimenti, si trovò a combattere in Spagna dal luglio 1946 all’aprile 1947. Ritornato ad esibirsi in Italia si trovò proiettato verso il vacante campionato italiano dei pesi mosca che ebbe luogo a Mantova nel febbraio 1948: per l’occasione affrontò Mario Solinas, sardo di Porto Torres, già titolare nazionale della categoria, che superò con verdetto deciso dopo 12 riprese. Il romano viaggiò poi alla volta della Francia, prima e dopo il confronto con Gavino Matta. Nel gennaio 1949 a Nardecchia toccò perdere a Terni dal concittadino Otello Belardinelli, sconfitto nella capitale sul finire del 1947. Con il risultato contro, Nardecchia lasciò la cintura tricolore e l’attività dopo 26 combattimenti (11-10-5), 12 dei quali disputati all’estero. Il romano prima di combattere a torso nudo fu un elemento di punta della nazionale italiana, per la quale partecipò ad importanti competizioni internazionali, compresi rilevanti Dual-Match negli Stati Uniti. Con la maglietta vinse agli assoluti di Ferrara nel 1939, anno in cui a Dublino, Irlanda, conquistò la medaglia di bronzo ai campionati d’Euopa. (pubblicato il 26 luglio 2016)
 
27 luglio
 
Una serata storica di Giampaolo Melis
Il primo pugile a sconfiggere Sandro Mazzinghi, futuro campione del mondo e d’Europa dei medi jr, fu il cagliaritano Giampaolo Melis, nel suo ultimo anno di attività. L’evento straordinario accadde a Roma il 27 luglio 1962 e si consumò sulla rotta delle 8 riprese. L’inizio della carriera professionistica del pugile sardo avvenne nella sua città, nel giugno 1950, contro il sassarese Michele Polo, finito in parità, verdetto riscattato il mese dopo. L’anno seguente si fece notare in Francia, dove disputò la maggior parte degli incontri. Seguitò ad esibirsi oltralpe anche nel 1952, benché le vittorie eguagliarono le sconfitte. Riprese l’attività del 1953 in Francia, la continuò con successo in Canada, prima di ritornare nella terra dei Galli e poi ricomparire nella sua Cagliari. Nel dicembre di quell’anno tolse il titolo italiano dei pesi welter al romano Luigi Valentini dopo 12 riprese. Nel marzo seguente, ancora nella sua città, difese la fascia tricolore contro l’altro romano Stefano Bellotti, con verdetto ai punti, liberandosi dell’insuccesso sofferto dallo stesso laziale due anni prima, pure a Cagliari. Lasciò la cintura italiana e riprese a viaggiare, in Francia, Canada e Stati Uniti. Tornò a combattere in Italia quattro anni dopo, nel marzo 1958, e dopo alcuni successi incappò nel ghanese Attu Glottey, già vincitore di Bruno Visintin in due occasioni, che lo superò in 10 tempi, dinanzi alla sua tifoseria. Dopo alcuni significati trionfi dovette riconoscere la superiorità di Bruno Vistinin a Roma e Cagliari. Quindi andò in Brasile, rimediando una perdita ed un’affermazione. Tra le diverse vittorie degli anni successivi conobbe solo quattro sconfitte: dal finlandese Mauri Beckham nella capitale Helsinki, dal lombardo Giancarlo Garbelli, dal pesarese Geppino Gentiletti e da Nino Benvenuti. Il confronto con il triestino, avvenuto nel Santo Stefano bolognese del 1962, segnò l’addio al ring, dopo 81 sfide (44 all’estero): 58-20-2-1 NC. (pubblicato il 27 luglio 2016)
 
28 luglio
 
Giacomelli, la vittoria su Abbruciati per il titolo
Il campione italiano dei pesi leggeri numero 16 in ordine di tempo fu Gino Giacomelli di Ancona che il 28 luglio 1938, a Pescara, tolse la cintura al romano Otello Abbruciati con verdetto deciso al termine delle 12 riprese. Sulla stessa distanza i due pugili si erano affrontati nel mese precedente, pure per il campionato nazionale, e l’anconetano rimase sconfitto nel capoluogo marchigiano. Giacomelli vantava due successi sul romano: al debutto avvenuto nel dicembre 1928 ad Ancona, sulle 8 riprese, e nel maggio 1930 a Firenze in 10 tempi. Nel biennio 1931-1932 disputò una serie di combattimenti prima in Cina, dove conquistò il campionato nazionale, poi in Giappone. Ritornò a combattere in Italia nel 1933 e si esibì fino al settembre dell’anno successivo. Nel 1935 emigrò in Francia dove rimase a combattere per tre anni. Si ripresentò in Italia nel febbraio 1938 con l’aspirazione di competere per il campionato italiano dei pesi leggeri. Fallito il primo assalto al laziale Abbruciati si rifece nel secondo confronto titolato. Nell’ottobre di quell’anno si presentò ai suoi concittadini in veste di titolare nazionale dei leggeri, mettendo in palio la cintura contro il quotato Vittorio Tamagnini, ex campione d’Italia e d’Europa dei pesi piuma. Il confronto durò 12 riprese e la vittoria di Giacomelli lo consacrò campione della categoria. Poi l’anconetano riprese a viaggiare fuori dai confini nazionali, in Francia ed Argentina. Continuò senza enfasi fino a luglio 1942 quando lasciò l’attività dopo 74 sfide (39-18-16-1 NC), escluse quelle avute in Asia, imprecisate. (pubblicato il 28 luglio 2016)
 
29 luglio
 
Castrovilli, imbattuto campione italiano mosca
A volte le capacità di un pugile non sono accompagnate da una sorte amica, come è accaduto a Paolo Castrovilli, abile peso mosca che non ebbe la possibilità di disputare almeno una volta il campionato d’Europa. Il 29 luglio 1981 l’imbattuto Castrovilli, pugliese trapiantato in Piemonte,  difese per la seconda volta il suo titolo di campione d’Italia dei pesi mosca contro il casertano Giovanni Camputaro, che in precedenza aveva posseduto la medesima cintura per molti mesi. Il loro secondo match si svolse a Fort Village, lussuosa località turistica situata sulla costa meridionale della Sardegna, e si concluse con decisione in 12 tempi. Il torinese d’adozione Castrovilli arrivò al professionismo nell’aprile 1978, dopo un’apprezzata campagna amatoriale che lo vide sul podio più alto dei pesi mosca agli assoluti del 1976, proprio a Torino, sua città  d’adozione. La vittoria al vacante campionato professionistico dei pesi mosca giunse nel luglio 1980 a Cagliari, dove sconfisse sulle 12 riprese Emilio Pireddu, sardo di Elmas, due volte titolare in quella categoria. Nel dicembre seguente Castrovilli affrontò nel capoluogo piemontese lo sfidante di turno, il campano Giovanni Camputaro, e lo superò nel quinto round per ferita. Nel maggio 1981 a Milano si ritrovò di fronte all’isolano Emilio Pireddu che puntava a riconquistare il primato nazionale della categoria: al termine delle 12 riprese la vittoria consacrò il pugliese-piemontese campione tricolore. Archiviata la seconda sfida portatagli dal campano Camputaro, il giovane Castrovilli dovette affrontarlo per la terza volta, nel novembre 1981 a Milano, dove lo respinse dopo 12 frazioni. Continuò a combattere da imbattuto nel 1982 senza possedere più il titolo di campione, pensando a nuove glorie nella categoria più pesante. Nel marzo 1983 sfidò a Bergamo il campione italiano dei pesi gallo Valter Giorgetti, mancando per un soffio la conquista della seconda cintura in una diversa categoria di peso dalla prima: al termine delle 12 riprese il risultato di parità lasciò il titolo al pugile lombardo che pochi mesi dopo spodestò Giuseppe Fossati dal trono europeo. Castrovilli provò ancora due volte a conquistare la fascia tricolore dei pesi gallo senza riuscirci, con Ciro De Leva e Maurizio Lupino. Lasciò la boxe nella primavera del 1985 dopo aver combattuto 28 volte: 23-3-2. (pubblicato il 29 luglio 2016)
 
30 luglio
 
Leopoldo Mariotti, due titoli d'Italia
Ai primordi del pugilato italiano vi fu chi come il milanese Leopoldo Mariotti debuttò tra i  professionisti disputando direttamente il campionato italiano. Dopo alcuni anni dall’esordio, anche se con pochi combattimenti alle spalle, il 30 luglio 1919 Mariotti affrontò a Milano il romano Edoardo Piacentini e gli tolse il titolo di campione d’Italia dei pesi leggeri dopo 15 riprese. Il lombardo fece il debutto nell’ottobre 1915 contro Antonio Tanzi per il vacante tricolore dei pesi piuma, pareggiando al termine di 10 tempi. Il mese seguente venne incoronato campione nazionale dei piuma per rinuncia al confronto da parte di Tanzi. Gareggiò vittoriosamente in altri due incontri nel 1916 prima di essere fermato dagli eventi bellici della grande guerra. Tornò in azione nel gennaio 1919,  affrontando direttamente il campione italiano dei pesi leggeri Edoardo Piacentini, contro il quale conobbe la prima sconfitta dopo 10 riprese. Nella rivincita Mariotti seppe prevalere su Piacentini, diventando nuovo titolare italiano dei pesi leggeri, il cui titolo lo difese vittoriosamente a spese del debuttante siciliano Edoardo Trivella nel marzo 1920. Negli anni a seguire Mariotti,  senza impegni per la corona nazionale, appartenente ad altri, continuò a riscuotere consensi. Nell’autunno del 1924 fece una felice tournée a Parigi. Chiuse la carriera nel settembre dell’anno successivo con il privilegio di essere stato campione d’Italia in due diverse categorie di peso. (pubblicato il 30 luglio 2016)
 
31 luglio
 
Patrizio Oliva, uno dei pochi che vinse tutto
La terza difesa del titolo EBU dei pesi superleggeri da parte del napoletano Patrizio Oliva contro lo spagnolo Antonio Guinaldo ebbe luogo a Rapallo, in provincia di Genova, il 31 luglio 1983 e si concluse con una netta vittoria per il campione, dichiarata al termine delle 12 riprese. Il partenopeo fu uno dei più giovani a vincere un campionato italiano agli assoluti: nel 1976, a 17 anni, si aggiudicò il titolo dei piuma a Torino. Replicò l’anno seguente nella sua città tra i leggeri e, per la stessa categoria, salì sul podio più alto anche a Castelfranco Veneto nel 1978, dopo aver conquistato nello stesso anno la medaglia d’oro al campionato europeo junior di Dublino, in Irlanda. Chiuse la parentesi dilettantistica con il massimo alloro alle olimpiadi di Mosca nel 1980 tra i superleggeri. Passò professionista nell’ottobre di quell’anno ed al tredicesimo mese di attività ottenne il titolo di campione d’Italia superleggeri, togliendolo in due tempi al pugliese Giuseppe Russi. Difese il tricolore quattro volte: in tre frazioni con il conterraneo Antonio Antino, in otto capitoli con il toscano Bruno Simili, ai punti con i pugliesi Giuseppe Martinese, già titolare nazionale ed europeo, e Luciano Navarra. Nel gennaio 1983 salì in cattedra nel vecchio continente, togliendo il posto al francese Robert Gambini, e vi rimase fino al 1985 quando lasciò la corona per farsi largo a livello mondiale. Mantenne la corona EBU otto volte, mettendo in fila i diversi sfidanti di turno: lo spagnolo Francisco Leon, il francese Jean-Marie Touati, l’iberico Antonio Guinaldo, l’italiano di origine argentina Juan Jose Gimenez, lo spagnolo Jose Ramon Gomez Fouz, il campione transalpino di origine congolose Tusikoleta Nkalankete, futuro titolare europeo, lo svizzero Michel Giroud ed il toscano Alessandro Scapecchi. Nel marzo 1986 arrivò all’apice nel confronto con l’argentino Ubaldo Sacco al quale tolse la corona mondiale WBA dei pesi welter jr, dopo 15 assalti combattuti sul ring di Monte Carlo, nel Principato di Monaco. Come monarca iridato superò lo statunitense Brian Brunette in tre tempi ed il messicano “Gato” Rodolfo Gonzalez sulla massima distanza delle 15 riprese. Nel luglio 1987 venne la prima inaspettata sconfitta ad opera dell’argentino Juan Martin Coggi che gli tolse la cintura mondiale nel corso del terzo assalto. Dopo un anno ‘sabbatico’ tornò all’attività nell’estate 1989 e nel novembre dell’anno successivo fu incoronato campione EBU dei pesi welter, con una vittoria ai punti sull’inglese Kirkland Laing. Difese con successo la cintura continentale due volte, con l’inglese Errol McDonald nel giugno 1991 e, nel febbraio dell’anno seguente, contro il francese Antoine Fernandez che vantava un successo su Nino La Rocca per lo stesso titolo. Oliva salì sul ring per l’ultima volta nel giugno 1992 quando sfidò il campione mondiale WBC dei pesi welter, l’americano “Buddy” James McGirt, perdendo ai punti in 12 riprese. Fu il suo match numero 59: 57-2-0. (pubblicato il 31 luglio 2016)


 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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