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Un breve ricordo nell'anno della sua morte, ad 89 dalla nascitaVinse due volte agli assoluti italiani nei pesi welter; lasciò la boxe quando emigrò in USAdi Iginio Dobrilla Firenze, 26 agosto 2015 – Raccontare la vista di Remigio Bollana è come narrare una storia affascinante, realizzata in un arco di tempo ricco di eventi epici, devastanti, dolorosi, nel contempo esaltanti, intriso anche di risvolti umani, suggellato dal riscatto e dalla liberazione dei popoli oppressi. Nato il 26 agosto 1926 a Pola, quando la città istriana era una provincia della Venezia Giulia ed apparteneva al Regno d’Italia: dal 1918, dalla fine della prima guerra mondiale, ritornò sotto il Regno Italico dopo l’assegnazione all'Impero Austriaco. Bollana amava ricordare che i suoi antenati portavano il cognome Bollanaz, cambiato in seguito all’avvento del fascismo. Iniziò a lavorare nel gennaio 1941 come operaio nel cantiere navale "Scoglio Olivi" di Pola; continuò fino al giuno 1944. Con l’avvento della guerra, durante l’occupazione nazista, Remiglio si distinse come partigiano: dal 9 settembre 1943 al 20 giugno 1944 prese parte agli eventi del gruppo di “Agitazione e Propaganda”; quando si trasferì alla I^ Brigata d'assalto-III Battagflione-III^ compagnia, continuò le sue battaglie in Jugoslavia. Venne fatto prigioniero il 15 ottobre 1944 dalla Wermacht (forze armate tedesche) e mandato prima a Fiume, poi a Trieste e infine, il 1° novembre dello stesso anno, internato a Duisburg in Germania. Al termine delle ostilità belliche riprese a lavorare alle dipendenze del 167th Regiment Cavalry British Armi di stanza a Pola. Nel febbraio 1947, quando Pola venne consegnata alla Jugoslavia per effetto delle decisioni sottoscritte nel corso della Conferenza di Parigi del 1946, la famiglia Bollana decise di abbandonare la città natale e trasferirsi a Firenze: come sfollati i Bollana presero la residenza nella caserma dismessa di via Guelfa 23, insieme ad altre centinaia di famiglie giuliano dalmate, si sistemarono in alloggi separati da pareti di cartone e senza servizi igienici. Nel capoluogo toscano trovò lavoro come imballatore presso la ditta di vernici Pietro Rossi di Firenze: iniziò nel marzo 1947 e vi rimase fino all’gosto 1951. Intanto Remigio si stava affermando come pugile dilettante, allenandosi nella storica palestra fiorentina di Campo di Marte; in due occasioni salì sul podio più alto dei campionati nazionali: nel 1949 a Firenze e nel 1950 a Parma conquistò il titolo di campione d’Italia dei pesi welter. Alto circa 170 cm, aveva una struttura fisica compatta ed una massa muscolare molto sviluppata ma ben proporzionata. Potremmo dire che il fisico di Mazzinghi ricordava il suo, con il torace, braccia e gambe più musolosi e rotondi, ma meno legnosi. Tanto da incutere rispetto. Dopo la vittoria nel secondo campionato italiano di boxe decise di passare professionista. Nell’estate del 1951, solo dopo le nozze in Italia con Antonia Budicin, partì per gli USA per fare degli incontri di boxe. Disputò solo due combattimenti all’inizio del 1952; decise di smettere con il pugilato per dedicarsi al lavoro fisso. Il 6 dicembre 1956 ottenne la cittadinanza di naturalizzazione americana nella contea di Oneida, Stato di New York. Gli fu possibile trovare subito un lavoro ben retribuito, molto superiore a quanto guadagnava col pugilato, come manovale edile, attività che molti locali si rifiutavano di fare perchè troppo faticosa. Queste le sue tappe lavorative negli States, sempre in qualità di muratore-carpentiere, dal 28 settembre 1951 al 31 agosto 1990: presso Ruffins's A.I. Contracting N.Y., Murnane Associates Co. Plattsburgh N.Y. e Schneid Const. Co Inc. Syracuse N.Y. Dopo essere stato in affitto in giro per lo Stato di New York acquistò un appezzamento di terreno a Utica, all’indirizzo 18 Lin Rd, e vi costruì una tipica villetta all'americana (un piano terreno con un ampio locale interrato e garage a fianco). Con il passare degli anni divenne un appassionato di pesca nei grandi laghi. Mi raccontava che quando giunse a New Yok City fu sorpreso dal vedere la sera le autostrade della città illuminate dai fari delle file di grosse automobili come da noi fu possibile vedere solo decenni dopo. In Italia allora pochi avevano la fortuna di possedere la moto. Remigio era una persona umilissima e amabilissima che conoscendolo si stentava a credere potesse aver preso a pugni qualcuno anche solo per sport. Un particolare curioso: per tutto il resto della sua vita non ha mai voluto mangiare patate in qualunque modo gli venissero preparate, perché gli ricordavano di quando aveva patito la fame come partigiano e sotto la prigionia, mangiando solo patate o anche solo le bucce di patate. La fisionomia ed il profilo assomigliavano a quello dell'astronauta russo Yuri Gagarin. Una volta lo sfidai al braccio di ferro e nonostante fossi molto più giovane mi schiacciò giù il braccio senza alcun problema. Morto l’8 marzo 2015 a Utica, Stato di New York, ha lasciato la moglie e 4 figli, 3 maschi ed una femmina sparsi per gli States. |
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