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I PRIMI DIECI MASSIMI-LEGGERI ITALIANI

 

Esclusiva classificazione di Pietro Anselmi

L’aspirazione vantata da sportenote di pubblicare la catalogazione dei primi dieci ex pugili professionisti italiani di ciascuna categoria di peso continua con la divisione dei massimi leggeri, grazie alla meticolosa competenza offerta dall’amico Pietro Anselmi che, con grande maestria espositiva, continua a farci comprendere le ragioni che valgono alla determinazione delle singole posizioni in considerazione delle differenti epoche nelle quali gli atleti si sono espressi.
Ecco la seconda "sfornata". Con un click sul nome di ciascun pugile si accede al record. Buona lettura.


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Quella dei massimi leggeri o cruiser come viene denominata dagli esterofili che si ispirano al mondo anglosassone, è una di quelle categorie cosi dette intermedie, create dagli enti mondiali per aumentare il loro giro di affari nel distribuire corone e patacche varie. Ma quella della quale stiamo parlando è forse l’unica, tra le altre, ad avere una sua validità. Il graduale aumento della stazza fisica del genere umano, con atleti di peso superiore ai cento chilogrammi, avrebbe portato a forti squilibri nella massima categoria. Nel 1987 furono istituiti i massimi leggeri al peso di kg. 86,185. Dal duemila questo limite venne innalzato a kg. 90,712. Rispetto alle categorie tradizionali appare molto più semplice catalogare i primi dieci avendo solamente una quarantina d’anni di attività da esaminare. Occorre precisare che dall’inizio dell’attività pugilistica italiana, quasi tutti i pesi massimi italiani avrebbero potuto essere classificati nella categoria inferiore, della quale ci accingiamo ad esporre i valori. Le eccezioni riguardavano quelli oltre i novanta chili. Il nostro primo campione d’Europa dei pesi massimi, Erminio Spalla, pesava poco più di 80 kg rispetto ai 97 del suo avversario, l’olandese Piet Van Der Veer.

Al primo posto vedo Giacobbe Fragomeni, senza dubbio il primo nome che mi balza alla mente. Iniziava il pugilato piuttosto tardi, a 23 anni e da dilettante. in nove anni di attività si metteva in luce conquistando la corona di campione italiano ed europeo tra i pesi massimi (91 kg). Quindi il professionismo. Fisico non propriamente atletico sopperiva a questa anomalia con  la capacità innata di entrare nella guardia avversaria con tempismo e grande continuità d’azione, quasi scivolando sotto i colpi del competitore di turno. Uno smagliante inizio lo portava ad inserirsi tra i migliori del continente. Dopo aver fallito la prima occasione nel match contro l’inglese David Haye (superato da dilettante in un torneo tedesco) per il campionato europeo, ben presto si rifaceva con il titolo dell’Unione Europea  ma soprattutto con la conquista del  campionato del Mondo WBC ed il Silver WBC nell’appassionante duplice sfida contro Silvio Branco.

La seconda posizione la dedico a Vincenzo Cantatore. Il romano di origine pugliese, dotato di notevole potenza, suscitava grandi speranze al suo apparire tra i pesi massimi. Aveva lasciato la maglietta dopo aver vinto due edizioni degli assoluti, tra i pesi massimi (91 kg); nella prima partecipazione aveva sconfitto tra gli altri Paolo Vidoz, mentre nella seconda finale vincente aveva superato il milanese Fragomeni. La sconfitta per il titolo europeo dei pesi massimi contro un campione come Zeljko Mavrovic lo convinceva a scendere tra i massimi leggeri, categoria a lui più congeniale. Nel frattempo si metteva in evidenza conquistando le cinture WBU dei super-cruiserweight e l’International WBC dei massimi leggeri. Le sfide vinte tutte in quegli anni lo portarono a battersi per un mondiale vero, il vacante titolo WBC, contro Wayne Braithwaite, guardia destra della Guyana, un autentico uragano dei Caraibi, contro il quale fu impossibile reggere il confronto fino in fondo. Finalmente a Roma, dove aveva svolto gran parte della sua attività, coronava il sogno di cingere la corona europea battendo Ismael Abdoul. Ma era il mondiale che Vincenzo voleva a tutti i costi. La proliferazione di sigle ne facilitava il tentativo e Johnny Nelson, campione WBO scendeva a Roma in difesa del suo titolo. In una serata di grande entusiasmo, che da tempo non si vedeva nella Capitale, il match finiva in polemica per la decisione divisa in favore del campione in carica. Riconquisterà il titolo europeo contro l’ucraino Alex Gurov. Sarà il suo canto del cigno.

La terza collocazione l’assegno a Pietro Aurino. Fin dal suo apparire fu annunciato come fosse in grado di emulare i grandi pugili italiani. Tra i dilettanti aveva vinto molto delle poste in palio e a soli venti anni effettuava il salto tra i professionisti. Metteva da subito in risalto le sue peculiarità di grande istrione sul quadrato ma anche una grande insofferenza alle rigide regole dello sport guantato. Dopo aver conquistato con facilità il campionato italiano della categoria, con molta presunzione si accaniva nel voler conquistare il titolo mondiale per il quale non era ancora maturo. Falliva contro Johnny Nelson (WBO) e Juan Carlos Gomez (WBC) ma si rifaceva con il titolo dell’Unione Europea ed il campionato d’Europa massimi leggeri. Con una quarantina di combattimenti e solo tre sconfitte, disavventure extra pugilato lo toglievano definitivamente dal mondo della boxe.

Al quarto posto metto Massimiliano Duran. Al suo apparire a torso nudo non aveva suscitato grandi speranze dopo le due sconfitte ad inizio carriera. Il suo fisico, ancora acerbo, non supportava le grandi qualità  tecniche di cui era dotato. Però il suo ferreo carattere lo spronava e dopo aver conquistato il tricolore, una felice congiuntura lo portava a sfidare lo stagionato Carlos De Leon per il titolo WBC. Con un discutibile verdetto di  squalifica a suo favore si ritrovava ad essere campione del Mondo. Ma furono i due brutti combattimenti con il francese Anaclet Wamba a ridimensionare la sua statura. Tuttavia il carattere e una raggiunta maturità gli permettevano la conquista del titolo europeo contro il temibile inglese Derek Angol. Si ritirava dall’attività a soli trentuno anni dopo la perdita del titolo e il successivo mancato aggancio internazionale.

Sul quinto gradino piazzo Angelo Rottoli. Soprannominato il “Bel Alì” per il suo aspetto piacente, era un vero narciso e la sua maggior preoccupazione era quella di salvaguardare al massimo i suoi lineamenti. Ma era anche un buon pugile molto amato dal suo pubblico. Iniziava nella massima categoria dove raggiunse facilmente la conquista del titolo italiano, più volte difeso con successo. Calava quindi tra i massimi leggeri, la sua vera categoria, ed aveva subito la possibilità di battersi il titolo mondiale WBC contro il portoricano Carlos De Leon. A Bergamo, la sua città, una ferita al quinto round, quando era in vantaggio ai punti, gli annullava la possibilità di una prestigiosa conquista. Si rifaceva con il titolo europeo battendo il norvegese Magne Havna. Rottoli ormai faticava a fare il peso (non era ancora stato innalzato il limite a kg. 90.712) e alla prima difesa, perdeva la corona contro il francese di origine congolese Anaclet Wamba. Angelo, molto nervoso, si faceva irretire dalla boxe scorbutica al limite del lecito del suo avversario. Chiudeva la carriera l’anno dopo.

Il sesto posto lo lascio a Vincenzo Rossitto, giunto pure lui tra i massimi leggeri dopo essere stato campione d’Italia della massima divisione di peso. Il siracusano, pur essendo un ottimo pugile, tecnicamente ben impostato, ha avuto la sfortuna di trovarsi sempre la strada sbarrata da grandi pugili con i quali ha sempre battagliato da pari a pari. Pietro Aurino gli precludeva la conquista del titolo europeo, Giacobbe Fragomeni lo superava di misura nel combattimento valido per il campionato dell’Unione Europea,  Silvio Branco gli toglieva la soddisfazione di vincere il match valido per l’internazionale Wbc della categoria, il tedesco Rudiger May a Riesa, in Germania, dovette accontentarsi del pareggio per salvare il titolo dell’Unione Europea in suo possesso, mentre contro l’ucraino Alex Gurov per il vacante titolo europeo, una ferita al secondo round gli toglieva ogni illusione di vittoria. Vincenzo Rossitto seppe conquistare oltre al citato campionato italiano dei pesi massimi, quello dei massimi leggeri ed i titoli Internazionali WBU, WBC ed IBF.

Sullo scranno numero sette pongo Mirko Larghetti. Marchigiano dal fisico possente, discreta potenza nei guantoni ma molto grezzo, con il tempo ha saputo migliorare una tecnica elementare che tra i dilettanti gli permise la conquista del titolo italiano sul ring di Milano. Aveva 26 anni e subito dopo abbracciava il professionismo. Una buona sequela di vittorie lo portano ad essere sfidante al titolo dell’Unione Europea in quel momento vacante. Suo competitore fu Vincenzo Rossitto. Questi, ormai a fine carriera oppose valida resistenza fino a quando ha saputo riconoscere il suo ruolo come quello di un ex. Il confronto diretto tra i due , alla luce del singolo risultato, potrebbe essere indicativo circa la loro collocazione tra i migliori della categoria. Invece, malgrado la sconfitta ho privilegiato Rossitto in quanto sempre protagonista in quasi sedici anni di carriera attiva, avendo incontrato tutti i migliori. Larghetti dopo questa vittoria, veniva superato da Marco Huck in Germania per il campionato mondiale WBO. Abbandonava l’attività dopo la seconda sconfitta in 26 confronti.

Per gli ultimi tre spazi a disposizione molti sono i meritevoli di pari valore quali Antonio Manfredini, Fernando Aiello, Alfredo Cacciatore, Mario Tonus, Fabio Tuiach, Leonardo Bruzzese e Maurizio Lovaglio (attivo fino al 2021). Secondo me meritano si essere inclusi in questa graduatoria quei pugili che hanno basato la loro attività dando il giusto valore al titolo italiano. Proprio in questi ultimi tempi assistiamo purtroppo alla vergognosa pratica da parte di molti atleti che, non appena vinto il “Tricolore”, abbandonano il titolo per incontri internazionali di bassa levatura, quasi fosse un fastidio insopportabile detenere la cintura nazionale.

Fatta la dovuta precisazione di cui sopra, l’ottavo posto spetta a Salvatore Erittu. Ha perso e rivinto il titolo italiano dei massimi leggeri più volte. Professionista a 27 anni, disponeva di buona tecnica pugilistica ma purtroppo non sostenuta da adeguata solidità fisica. Un buon avvio di carriera lo porta nel giro di  due anni a conquistare la corona di campione italiano che abbandonerà due anni dopo senza aver avuto sfidanti adeguati. Conquista e perde il titolo del Mediterraneo ma una brutta sconfitta contro Maurizio Lovaglio in un primo tentativo di riconquistare il titolo dei massimi leggeri lo costringe ad un certo periodo d’inattività. Riprende a combattere nella categoria superiore e battendo il forte Fabio Tuiach si laurea campione d’Italia dei pesi massimi. Quindi ritorna nella sua categoria naturale e ancora una volta, superando l’emergente Luca D’Ortenzi, riconquista l’agognata corona. Ma ormai sulla soglia dei 40 anni dopo aver difeso il titolo prendendosi la rivincita su quel Lovaglio che lo aveva duramente battuto si ritirava dall’attività da campione d’Italia in carica.

La nona collocazione la dispenso a Marco Guidelli, il "Tyson della bassa". Non dotato di particolari qualità, si mostrava solido e capace di adeguarsi ad ogni avversario. Autore di una carriera discontinua, stante il suo lavoro nei vigili del fuoco a Guastalla, per ben cinque anni ha mantenuto il titolo italiano con tre difese vittoriose. Il vano tentativo di fregiarsi della vacante cintura WBU super-cruiserweight contro lo statunitense John McCline lo portava a perdere il primato italiano. Nel tentativo di riconquistare la vacante fascia tricolore dei massimi leggeri perdeva con un campione in forte ascesa come Pietro Aurino dopo un brillante combattimento. A quel punto capiva che non poteva più spendersi oltremodo per l’attività agonistica stante l’impegno per le quotidiane mansioni lavorative e decideva di lasciare il pugilato.

Il decimo posto spetta a Paolo Ferrara. Nella cronistoria del campionato italiano dei massimi leggeri il suo nome compare per ben sette volte riuscendo in due occasioni a fare suo il titolo. Il palermitano è stato il classico esempio di come la determinazione e la forza di volontà abbiano potuto sopperire alla mancanza di classe pugilistica. Sempre generoso sul ring da dove scendeva, vittorioso o perdente, dopo aver dato tutto quanto in suo potere. Il primo combattimento per il titolo lo perdeva contro un campione come Pietro Aurino. Lo conquistava contro Emiliano Verna e lo perdeva contro un altro campione come Vincenzo Rossitto, con il quale ingaggiava due furenti ed equilibrati incontri. Si rifaceva superando Alessandro Guni e perdeva contro Fabio Tuiach, il potente ma inespresso pugile triestino. L’ultima occasione la perdeva contro Salvatore Erittu. Dopo questo match decideva di lasciare il pugilato per dedicarsi a tempo pieno al lavoro e alla famiglia.

Pietro Anselmi

 

 

 

 

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