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La crisi del pugilato professionistico vista da Davide Buccionidi Stefano Buttafuoco Abbiamo in diverse circostanze analizzato le cause dell’attuale crisi del pugilato professionistico italiano confrontandoci con pugili, procuratori, tecnici ed altri addetti ai lavori. Oggi abbiamo il piacere di farlo con uno dei più autorevoli organizzatori e cioè con Davide Buccioni (nella foto), fondatore e Presidente della BBT Productions. Avvocato Buccioni, a quando risale l’organizzazione della sua prima manifestazione ? "Al 2004. Il main event era rappresentato dal match tra Sven Paris e l’argentino Juan Manuel Aleggio, un incontro di cui ancora oggi si parla nella capitale e valido per il titolo IBF Youth dei pesi welter. Da quel giorno ho dedicato tutto me stesso a questa attività, spinto da una inesauribile passione per la noble art" Tante cose sono cambiate da quel giorno… "Purtroppo si, il pugilato ha risentito più di altri sport della crisi economico-finanziaria nel senso che le televisioni hanno ulteriormente diminuito i loro investimenti e le istituzioni hanno chiuso i rubinetti stanziando sempre meno fondi a sostegno di questo tipo di attività" Da dove nasce questo progressivo disinteresse delle televisioni ? "Chi mi conosce sa che sono una persona molto schietta ragion per cui ti risponderò con molta franchezza. Io credo che si sia tirato troppo la corda alla fine degli anni settanta. Gli organizzatori di quel periodo si sono adagiati sulle cifre decisamente alte che garantivano le televisioni (per un titolo italiano si arrivava a prendere 80 milioni quando ora al massimo ti danno 3.000 euro), si è badato sempre meno alla qualità fino a quando il giocattolo si è rotto e le emittenti ci hanno abbandonato" L’avvento della Lega pro boxe non ha migliorato purtroppo le cose… "Stanno facendo il possibile ma si sono commessi degli errori. Come ho già evidenziato è fondamentale migliorare la qualità degli eventi, sia da punto di vista agonistico che organizzativo. E’ necessario ridurre il numero di riunioni e concentrare gli investimenti in un numero inferiore di serate. Dobbiamo smettere di vendere match titolati svolti in location improbabili, con poche centinaia di spettatori a bordo ring. Si deve avere il coraggio di scegliere e selezionare. Il rischio di dare da mangiare a tutti è quello di far morire l’intero movimento. La Rai paga i diritti poche migliaia di euro ma poi bisogna aggiungere i costi di produzione che sono alti. Perché allora invece di trasmettere tante riunioni di basso livello non si concentrano le risorse su un numero inferiore ma di qualità ? Io lo sto dicendo da molti anni in Lega e spero che prima o poi mi si dia ragione e ci sia un cambio di strategia in questa direzione" Ritieni che anche la Federazione abbia delle responsabilità ? "Purtroppo la nostra Federazione ha pensato in questi anni troppo ai dilettanti e poco ai professionisti ed è un peccato dal momento che il traino di ogni sport è sempre stato l’atleta professionista. In questo senso credo sia fondamentale nel prossimo futuro una maggiore sinergia tra Federazione e Lega" Ai pugili cosa ti senti di dire ? "Che devono stringere i denti ma che devono anche capire (insieme ai loro allenatori) che è necessario mettersi di più in discussione. E’ inutile battersi con i soliti collaudatori stranieri che vengono nel nostro paese solo per la borsa. Devono avere il coraggio di incrociare i guanti con atleti "veri", senza pensare troppo alla verginità del proprio curriculum. Io nel 2006 organizzai un match tra Di Michele Rocco e Giorgio Marinelli, due pugili italiani emergenti ed ancora imbattuti, che non ebbero paura ad affrontarsi, ed al Palacorda quella sera accorsero 5.000 spettatori. Questo perché gli appassionati di boxe sanno riconoscere i match buoni da quelli farsa cosi come i manager delle televisioni e/o coloro che vogliono investire risorse in pubblicità e sponsorizzazioni" Fonte: Alfredo Bruno |
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