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FIORDIGIGLIO SI RIVELA, TRA PASSATO E FUTURO

 

 

Orlando Fiordigiglio, Tu vuo’ fa’ l’Europeo …

di Massimo Capitani

Orlando (nella foto) arriva alla palestra della Robur Scandicci, luogo dell’appuntamento, intorno alle 18.30, scende a passo svelto la rampa che porta alla palestra e saluta gli amici. Il Maestro Pisani non rinuncia a burlarsi delle sue scarpe da ginnastica gialle, “anche se sei il campione italiano ti prendo in giro lo stesso”.
Appena ci vede, ci saluta. Entra nello spogliatoio con la borsa e ne esce dopo dieci secondi con i guanti in mano, era già cambiato. Non si può perdere tempo. Orlando viene da Arezzo dopo essere smontato dal suo lavoro di tecnico Enel, il match per il titolo dell’Unione Europea con Langella è fra un paio di mesi.
 
L’intervista parte con Orlando che comincia a riscaldarsi, la lingua e il corpo del pugile si muoveranno veloci e sicuri per una ventina di minuti.
 
Il tuo record di 15 match e 15 vittorie in quasi tre anni, rivela un ruolino di marcia oculato a cui, con il match vinto del campionato italiano ed il prossimo dell’Unione Europea, si è voluto imprimere un’accelerazione?
Sì, una carriera dai giusti passi con avversari veri e poi l’agognato titolo italiano, visto che c’erano stati un po’ di problemi a combattere subito con il campione - Adriano Nicchi - …
 
Una domanda che ti avrei fatto dopo, ma che ti pongo subito, come mai non si è disputato l’incontro con Nicchi?
Per questioni economiche e burocratiche. Il mio procuratore - che tutela i miei interessi - ha usato queste parole, “entrare dalla porta principale, non dall’uscita di sicurezza”. Io ero lo sfidante supplente, Bottai era quello ufficiale, anche se nell’ambiente si sapeva tutti che non avrebbe disputato il match con Nicchi. Il rammarico è stato quello, se Cavallari, manager di Bottai, avesse ufficializzato la rinuncia, io sarei passato sfidante ufficiale e magari si sarebbe aperta un’asta. In definitiva si è trattato solo di aspettare il momento che Adriano ha abbandonato il titolo per la chance Europea - E.B.U.
 
Se ci fosse l’opportunità non avresti problemi a sfidare Nicchi?
Io lascio andare avanti il mio procuratore, visto come stanno andando le cose spero di prendere il titolo dell’Unione Europea e poi di proseguire. Ma se ci fosse comunque la possibilità di fare il match con Nicchi per me non ci sono problemi, anche perché Arezzo si merita un derby così.
 
Sei in una categoria, quella dei superwelter, molto competitiva a livello europeo, facciamo due nomi,Rabchenko eVitu. Cosa pensi che manchi al pugilato italiano per primeggiare a livello continentale?
In Italia manca la possibilità di fare il professionista vero, siamo professionisti solo di nome. Poi all’atto pratico lavoriamo, io lavoro all’Enel, tutti lavoriamo, e quando vai a misurarti in campo internazionale, con i pugili - non solo quelli ai vertici, ma anche quelli intorno alla decima posizione del ranking - che hanno la possibilità di fare il professionista a tempo pieno, vedi la differenza. Il problema principale è questo, perché la qualità dei pugili c’è. Io l’ho provato su me stesso quando sono andato ad allenarmi in America, dove ero impegnato con due allenamenti al giorno, tenevo il peso senza problemi e non dovevo pensare al resto.
 
Dicci qualcosa di più delle tue avventure americane: dove sei stato, guanti durissimi, un aneddoto?
Sempre a New York e le sessioni di guanti davvero durissime. Io cinque anni fa le ho fatte con Peter Quillin, attuale campione mondiale dei pesi medi W.B.O. In quel momento, aveva una decina di match da professionista tutti vinti per K.O. e io cinquanta da dilettante e non sapevo niente di lui. Feci lo sparring perché con quello avrei evitato di pagare la quota giornaliera di 45 dollari. Tre riprese da tre minuti, non andai male e misi qualche buon colpo, mi chiesero di combattere, alla fine tornai a casa con due occhi neri e un labbro disintegrato.
 
Hai avuto fegato.
Più incoscienza, ma ho voluto dimostrare che non è vero che gli italiani non sono “buoni”.
 
Che tipo di pugile sei, più istintivo o più programmatore?
Devo avere le idee chiare quando salgo sul ring. Per cambiare le carte in tavola a seconda delle incognite che si possono presentare sul momento, ho bisogno di un Maestro di cui ho la massima fiducia e dopo tanto cercare l’ho trovato, in Bartolomeo “Meo” Gordini. Come pugile sono più un attendista, anche se a volte mi sono trovato nei panni dell’attaccante, come ad esempio la prima volta da professionista a Brescia che ho attaccato ed ho vinto per K.O.
 
Conosci Langella, il tuo avversario?
L’ho visto boxare, è uno esperto, passato professionista molto prima di me ha un buon numero di match in carriera ed alcuni titolati. Pugilisticamente è uno che viene dentro, ma a differenza di Salvemini è più tecnico e meno irruento, così che dovrò fare più attenzione. Penso che sia un ottimo gradino, un bel match, io voglio crescere, su questo ho le idee chiare.
 
Dopo Castiglion Fiorentino per il titolo italiano sarai di scena ad Arezzo per il match con Langella. Combattere in casa rappresenta un vantaggio, ma anche una responsabilità in più verso i tifosi. Nel primo match quale dei due aspetti ha prevalso?
La responsabilità del pubblico l’ho sentita dall’inizio alla fine, anche se poi un po’ egoisticamente sul ring ci sei tu da solo e sei tu che prendi le botte. Non ti nascondo però che nelle ultime riprese, vedere tutti gli amici, tutte le persone care soddisfatte e felici, come il Maestro Pisani, mi ha dato forza. Sì alla fine è più una forza.
 
La persona, o le persone, a cui devi di più nel mondo del pugilato?
Aldo Sassoli sopra a tutti, è il mio mentore, mi è sempre stato vicino e mi ha tirato fuori dai momenti bui. E poi devo tanto ai tecnici toscani, dal Maestro Boncinelli che mi ha dato sempre l’opportunità di fare i guanti con Leonard Bundu e con Dagliana. Ai Maestri Pisani e Roncaglia che hanno corretto i miei difetti e mi hanno fatto crescere tecnicamente. Al Maestro Borgogni di Siena, che mi ha fatto combattere più volte e a Castellucci di Gracciano che mi ha tenuto nella sua palestra perdendo serate intere dietro a me. Infine ho trovato Gordini. Insomma è stato un lavoro di equipe che ha sopperito al fatto che ero sempre solo in palestra ad allenarmi.
 
Sul tuo profilo facebook sei Orlando TuttoAzzurro Fiordigiglio, spiegaci quel “TuttoAzzurro”.
È il soprannome che mi ha dato il mio fraterno amico Antonio Tuccillo, che mi segue ovunque vada e sta a significare la mia origine napoletana, - Orlando risiede ad Arezzo da ventitré anni - affinché non mi dimentichi, “il sangue”, un grido di battaglia che mi accompagna e mi ricorda da dove vengo.
 
Dopo la chiacchierata di “riscaldamento” lasciamo all’allenamento il “nostro” Orlando Fiordigiglio, fieri, da appassionati e da italiani che lui rappresenti per noi l’Azzurro dell’Italia a livello internazionale.

Fonte: Alfredo Bruno

 

 

 

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