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I PRIMI DIECI SUPERPIUMA ITALIANI

 

Esclusiva classificazione di Pietro Anselmi

Continua con successo l’impegno di Pietro Anselmi nella individuazione dei primi dieci ex pugili professionisti italiani di ciascuna categoria di peso, con grande soddisfazione di sportenote che vanta il privilegio di pubblicarli.
Questa volta tocca alla divisione dei superpiuma, che rappresenta la decima "sfornata".
Con un click sul nome di ciascun pugile si accede al record. Buona lettura.

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Pesi superpiuma. Categoria intermedia piazzata tra i 57.153 kg. dei piuma ed i 61.235 dei leggeri, vanta una lunga tradizione a livello mondiale, essendo nata in America nel 1917 con attività continua fino al 1934. Dopo una parziale interruzione fu ripresa nel 1949. In Europa ha trovato validità solo nel 1963 e molti pugili che ne hanno fatto la storia hanno militato anche nelle categorie contigue, per cui è stata necessaria fare una giusta e a volte difficile scelta. E’ questa una categoria intermedia francamente superflua in quanto il divario con i pesi leggeri  ed i piuma è troppo risibile e non determinante. La voglia di creare “corone” da vendere all’ingordigia degli organizzatori ha portato a  questa deleteria situazione. Infatti il livello tecnico degli atleti è decisamente inferiore alla media nazionale salvo in alcuni casi come vedremo.

Al primo posto pongo Tommaso Galli. I tre titoli di campione d’Europa in categorie diverse lo pongono su un piedistallo alto nel panorama pugilistico italiano, ma i pareri sul suo valore non sono concordi. Pugile tecnicamente dotato ma freddo e distaccato, non riusciva a trasmettere calore e ad attirare la folla come fanno di solito i grandi. Il romano fu campione d’Italia anche fra i dilettanti, nei pesi mosca a Modena nel 1962, e a ventidue anni staccava la licenza professionale come peso gallo. Alla sua terza stagione nella stessa categoria di peso, immune da sconfitte, battendo Scarponi a Roma l’11 giugno 1965 conquistava il suo primo titolo, sovrastando con la sua proverbiale tecnica l’aggressività del campione in carica. Due mesi dopo con lo stesso risultato a Sanremo, toglieva l’europeo a Mimun Ben Alì. Il romanino, con una sapiente tattica s’imponeva all’esperto e potente spagnolo marocchino. Abbandonava il titolo italiano e si salvava in Europa con un generoso verdetto di parità mantenendo la corona continentale dall’assalto pericolosissimo del furbo gallese Walter  McGowan sul ring casalingo di Roma. Nel marzo del 1966 a Marsiglia con un capolavoro tattico e di furbizia risultava  talmente superiore da mettersi al riparo da sempre possibili camarille contro il “cosacco” marsigliese Pierre Vetroff. A Barcellona viceversa non seppe opporsi adeguatamente al pugile al quale aveva tolto il titolo. L’ispano-marocchino Ben Alì, forte della prima esperienza negativa, cambiava tattica: attaccava in continuazione togliendo spazio alla lucida tecnica del romano. Nel frattempo Nevio Carbi, che aveva conquistato il titolo italiano, decadeva  per non averlo difeso nei tempi dovuti ed il brindisinoo con Franco Zurlo veniva prescelto a disputarselo sul ring del teatro Giacomini di Latina. Galli, insolitamente abulico, subiva l’aggressività del pugliese e perdeva l’occasione di riappropriarsi del titolo che fu suo. Dopo un po’ concludeva il suo tragitto in questa categoria con una onorevole sconfitta a Melbourne contro il campione del Mondo Lionel Rose. Tommaso Galli entra così tra i pesi piuma e le benemerenze acquisite nella categoria inferiore gli fanno ottenere subito un combattimento per l’europeo. Lo spagnolo Manuel Calvo che aveva conquistato il titolo battendo il nostro Nevio Carbi, a Barcellona non pensava di trovare un avversario così bravo. All’irruenza del campione spagnolo il romano opponeva la sua fredda ma precisa tecnica, intervallata da efficaci colpi d’incontro. Uno di questi apriva una ferita all’arcata sopracciliare destra del campione che si aggravava sempre di più tanto da costringere l’arbitro austriaco Rado a sospendere il match all’ultima ripresa in favore di Galli. I quindicimila spettatori non ebbero nulla da obiettare sulla vittoria dell’italiano. La rivincita disputata sempre a Barcellona l’anno seguente dimostrava la superiorità di Galli che aveva nello spagnolo un avversario fatto su misura per il suo pugilato. Il campione europeo sapeva ben controllare gli attacchi dello sfidante, non accettava gli scambi ravvicinati e dall’alto di una classe superiore dominava il confronto. A Madrid lo spagnolo di origine cubana José Legra, che aveva da poco perso il titolo mondiale della categoria contro Johnny Famechon, cercava ed otteneva un riscatto ai danni dell’italiano. Tommaso, inferiore alle attese ed in soggezione davanti alla tattica funambolica e furbescamente aggressiva dello sfidante, non riusciva ad imporre la sua tecnica e si faceva togliere il titolo. Tutti questi successi conquistati nelle categorie inferiori, ingigantiscono la sua figura all’apparire nella divisione superiore che lo portano ad essere classificato come il primo dei dieci. Perso il titolo europeo dei pesi piuma ne trovava un altro a portata di mano. A Ladispoli inaugurava la categoria dei superpiuma, appena istituita e ne diventava il capofila. A farne le spese fu lo spagnolo Luis Aisa. Difendeva la nuova corona dall’assalto del tedesco Lothar Abend, dal belga Jean De Keers e ancora Luis Aisa prima di lasciarlo nelle mani del tarantino Domenico Chiloiro. Fu questo il suo ultimo combattimento dopo 51 incontri in quasi dieci anni di lotte a torso nudo. E’ stato il primo pugile italiano a detenere tre titoli di campione d’Europa in tre categorie diverse. Pochi altri sapranno emularlo.

Il secondo gradino lo destino a Devis Boschiero. Ufficialmente non ha ancora annunciato il ritiro dall’attività agonistica ma in pratica tutto è finito e non potrà fare di più. Per questo ho pensato di inserirlo tra i migliori dieci superpiuma, anche perché uno dei pochi ad aver militato sempre nella stessa categoria. Devis è nato a Chioggia nel 1981 ed è un prodotto della prolifica Pugilistica Piovese, sotto la guida dal maestro Gino Freo, interpreta una carriera dilettantistica di prestigio. Si laurea più volte campione d’Italia: a Roma nel 2001 nei pesi piuma, nel 2002 a Maddaloni e nel 2003 a Rovigo davanti alla sua gente. L’anno successivo passa al professionismo. Combattente di razza veneta, grintoso e coraggioso, dopo un paio d’anni di attività conquista il primo titolo, a Battaglia Terme supera Ermanno Fegatilli per il titolo youth superpiuma targato IBF. Sempre con il fido Gino Freo all’angolo in un paio d’anni Boschiero accumula una buona esperienza e nel novembre 2008 sul ring di Piove di Sacco conquista  il titolo di campione dell’Unione Europea contro il forte madrileno Jesus Garcia Escalona,  dopo un match molto duro, con verdetto unanime tra gli applausi dei suoi tifosi. Dopo una facile difesa a Rovigo contro Francisco Nohales, Boschiero punta naturalmente al titolo italiano che farà suo ad Avezzano contro Ivan Fiorletta. Pur essendo solamente campione d’Italia per i soliti giri opportunistici gli viene offerta la prima grande occasione della carriera: un combattimento per il mondiale contro il giapponese Takahiro Aoh a Tokyo. Il match, voluto dal WBC, risultava rovente, aspro e combattuto con il giapponese in difficoltà in diverse occasioni ma che venne premiato dai giudici con verdetto non unanime. La prima sconfitta della carriera lo stimola ancora di più e nella sua città, Piove di Sacco, a farne le spese sarà il suo antico avversario, l’italo-belga Ermanno Fegatilli al quale toglierà la corona di campione d’Europa.Vittoria vera, esaltante e sudata, come hanno riportato le cronache del march. Tra il 2012 e il 2013 disputa tre difese importanti e tre battaglie seducenti contro Antonio De Vitis, Roger Kasmi e Guillaume Frenois, che lo confermano sul trono europeo. Nel febbraio 2014 una invitante offerta lo porta a Calais ad incontrare Romain Jacob. Boschiero si batte duramente e non risulta inferiore all’avversario a cui va il verdetto ed il titolo. L’ EBU ordina una pronta rivincita che il francese questa volta si aggiudica senza discussioni. Due tentativi falliti di reinserirsi nel grande giro mondiale IBF attraverso altrettante simifinali, contro Stephen Smith a Liverpool e Mario Barrios a Trenton, nel New Jersey,, sanciscono la fase discendente del suo cammino. Riuscirà a conquistare il titolo di campione dell’Unione Europea su Fsroukh Kourbanov e un Internazionale IBF a Firenze superando Ivan Thomas. Sarà il suo canto del cigno. Passato tra i pesi leggeri verrà sconfitto duramente dall’italo-belga Francesco Patera per il titolo Intercontinentale WBO.

La terza postazione la dedico a Natale Vezzoli. Campione d’Italia, Natale Vezzoli fu anche il primo pugile bresciano a vincere il titolo europeo. Sulle tre riprese dilettantistiche faticava ad esprimersi, tuttavia vestiva la maglia azzurra in tre occasioni e vinceva la medaglia d’argento ai mondiali militari di Rotterdam nel 1971. Il suo cammino tra i professionisti iniziava alla chetichella, con due sconfitte e quattro pareggi nei primi sette combattimenti, risultati che non facevano presagire una grande carriera. Poca classe e personalità, ma dotato di una carica agonistica fuori dal comune, il bresciano ha trovato nei fratelli Mariani un sostegno decisivo per la sua carriera. Poche le vittorie prima del limite ma il suo pugno diventava deleterio con il passare delle riprese. Un primo assalto al titolo italiano falliva sovrastato dalla limpida classe di Giovanni Girgenti, ma non falliva la seconda occasione contro Giuseppe Mura che aveva scalzato il siciliano dal trono italiano. Il pronostico era tutto per il sardo che venne letteralmente distrutto dai pugni del bresciano. Vezzoli, gran colpitore e con una continuità d’azione stupefacente, divenne l’idolo dei bresciani che fecero di tutto per facilitarlo nel salto di qualità che si aspettavano dal loro idolo. Dopo una facile difesa del titolo contro Renzo Battistelli, a Milano il 24 settembre 1976, oltre al campionato europeo, conquistava anche il pubblico milanese letteralmente in delirio per l’impresa del bresciano. Roland Cazeaux si arrendeva all’undicesima ripresa sotto la continuità d’azione del rivale. Al Palalido di Milano respingeva lo spagnolo Domingo Gimenez al termine di una vera corrida in cui faceva prevalere la sua grande determinazione. Nella sua città batte regolarmente i francesi  Albert Amatler e Georges Cotin prima di stendere all’undicesima ripresa il turco Ethem Oezakalyn sul ring di Vieste. Saldamente in testa ai valori continentali, a Taurisano, in un ambiente totalmente ostile supera Salvatore Liscapade mentre all’inizio del 1978 a Brescia fatica contro il veterano Elio Cotena. Vezzoli sembra aver smarrito la carica iniziale, distratto da varie iniziative atte ad assicurargli un futuro dopo l’attività pugilistica. A Lepe, nel cuore dell’Andalusia, ritrova se stesso e surclassa il guerriero spagnolo Isidoro Cabeza. A Brescia però tornano le ombre contro il tecnico sgusciante francese Charles Jurietti, il quale  lo costringe ad un deludente pareggio prima di recarsi a Valladolid per affrontare Carlos Hernandez. La fortuna non è con lui, la legge casalinga ed una piccola ferita lo danno perdente dopo quattro riprese dominate contro lo spagnolo. Vezzoli cerca inutilmente la rivincita che non riuscirà mai ad ottenere. Sfiduciato accetta un combattimento per il titolo italiano contro Alessandro Nardi. Il confronto che lo vedeva favorito si dimostrava invece tutto in salita ma una lussazione ad un braccio giustificava in parte il suo ritiro. Non solo dal match ma anche dall’attività agonistica.


Il quarto posto spetta a Salvatore Curcetti. Con Salvatore Curcetti,.foggiano residente a Parma, dalla carriera parca di combattimenti ma di grande intensità, la categoria si riporta agli splendori iniziali con la conquista del titolo europeo, sesto di sempre. Pugile dalla buona tecnica e dal gancio destro esplosivo, aveva il suo tallone d’Achille nelle arcate sopracciliari, il che gli precluse traguardi superiori. Il suo cammino tra i professionisti ha avuto una crescita graduale giungendo alla conquista della corona di campione d’Italia da imbattuto. Marco Gallo aveva lasciato vacante il titolo ed al Palasport di Parma se lo contesero il calabrese Antonio Renzo e Curcetti. Fu un combattimento tiratissimo tra due atleti con stili diametralmente opposti: la migliore tecnica dell’uno opposta alla esasperante e potente irruenza dell’altro, al punto che alla fine del match entrambi erano convinti della vittoria. La giuria per un solo punto scelse la tecnica. Conquistato il primo titolo, lo difese dopo un duro confronto dall’assalto di Claudio Nitti e da campione nazionale acquisiva il diritto di incontrare Danel Londas per l’europeo. A Reims, in Francia, tra la sorpresa generale bastarono trenta secondi affinché il suo devastante gancio destro stroncasse le velleità del francese originario della Martinica. Nel giugno del 1987 lasciava la corona italiana allettato da un incontro per il titolo mondiale. Contro il sudafricano Brian Mitchell ,campione WBA, pagava dazio per inesperienza e finiva l’incontro costretto al ritiro per ferita. All’inizio dell’anno successivo perdeva a sorpresa anche quello europeo superato dal siciliano Piero Morello e cominciava una parentesi deludente con l’handicap delle ferite che si presentavano ad ogni confronto. Tutto questo gli impediva di riconquistare il primato italiano a Frosinone nel maggio 1989 contro Claudio Nitti. Sconfortato meditava il ritiro. Il lavoro in una fabbrica di materie plastiche con turni pesanti, ostacolavano gli allenamenti che diventavano impossibili. Soprassedeva alla decisione e accettava di misurarsi nuovamente con Daniel Londas che nel frattempo era diventato campione continentale. A Lione, in Francia, subiva una pesante sconfitta. Il primato italiano nel frattempo cambiava spesso detentore e nel giugno 1991 risultava vacante. Salvatore Curcetti venne prescelto a contenderselo con Piero Morello, lo stesso che gli aveva tolto l’europeo tre anni prima. La voglia di rivincita lo spronava al punto di sovrastare il rivale sul ring del Palasport di Parma e ritornare in possesso della  corona di campione italiano dopo cinque anni. La fortuna però gli voltava le spalle ancora una volta sotto forma di una ferita all’arcata soppracciliare sinistra, perdeva il titolo contro Paziente Adobati a Marano alle porte di Napoli. La rivincita, persa dopo un bellissimo combattimento con il bergamasco, doveva essere l’ultimo di una carriera che lo ha visto protagonista nel bene e nel male.


La quinta posizione la riservo a Domenico Chiloiro. Il pugile tarantino, cresciuto sugli spietati ring australiani, ha avuto il merito di conquistare il suo primo titolo importante all’età di trentadue anni quando ormai le sue speranze erano svanite. Giusto suggello ad una carriera non facile, tutta in salita. In Australia era giunto con la nazionale dilettanti per partecipare ad un torneo preolimpico. In Italia i passaggi al professionismo erano chiusi, quindi Chiloiro, sollecitato a farlo sorpassava i divieti federali e gettava la maglietta simbolo del dilettantismo. Rimase nel paese australe per un lungo periodo anche perché in Italia gli venne inibito di combattere. Dal suo debutto  incontrava i migliori del nuovo continente, battuto solo da Johnny Famechon futuro campione del mondo dei pesi piuma e con il quale può vantare anche due pareggi. Terminata la squalifica alla sua prima uscita in Italia trovava Giovanni Girgenti che sarebbe diventata la sua bestia nera. Tornato momentaneamente in Australia subiva un paio di sconfitte che lo indussero ad un definitivo rientro in Patria per un seguito di carriera, in giro sui quadrati del vecchio continente a raccattare soldi ed applausi per la spettacolarità della sua boxe, sostanziosa e senza fronzoli. A Londra con Walter McGowan e Jimmy  Revie, a Ginevra contro Michel Houdeau e Marius Cordier, a Madrid con José Legrà, a Parigi contro Tahar Ben Hassem e Ould Makloufi, a San Paolo del Brasile con l’ex campione del mondo Eder Jofre, a Tolosa contro Felix Brami, ad Oslo con Sven Erik Paulsen, ad Helsinki contro Erik Nikkinen. Tutte piazze importanti che lo videro all’opera. Aveva tentato un primo assalto al titolo italiano dei pesi piuma a Marsala respinto da Giovanni Girgenti e quando ormai le speranze di conquistare qualcosa di importante erano svanite ecco che Tommaso Galli, il  campione d’Europa della categoria dei superpiuma, appena istituita, metteva in palio il titolo in una difesa volontaria. A Lignano Sabbiadoro  la sua volontà di vittoria ed il ritmo imposto al match finirono per stroncare la migliore tecnica pugilistica del romano. Poco tempo durava il suo regno europeo Ad Amburgo lo aspettava sul ring della Ernst Merck Halle lo sfidante ufficiale Lothar Abend il quale sfruttando la sua freschezza atletica vinceva di stretta misura. Chiloiro, che aveva combattuto non in perfette condizioni fisiche, sperava in una rivincita in Italia che purtroppo per lui è rimasta solo nei suoi sogni. Combatteva ancora per un paio d’anni quindi lasciava il ring a quasi trentacinque anni con una carriera alquanto pesante sulle spalle. Non fu mai campione italiano ma quello di campione d’Europa gli permette di figurare tra i migliori della categoria dei superpiuma, divisione abbracciata solo negli ultimi due anni d’attività.

Lo scranno numero sei va ad Alfredo Raininger. Tecnico e dalla boxe spettacolare, il napoletano approdava tra i pesi leggeri dopo aver speso le migliori energie nella categoria inferiore che gli doveva riservare le maggiori soddisfazioni della carriera. Due volte campione d’Italia divenne il quarto pugile italiano a conquistare il titolo continentale battendo un grande avversario come lo spagnolo Roberto Castanon. Sconfitto da Jean Marc Renard, perdeva la corona europea, dopo aver inutilmente tentato di riconquistare quella italiana che aveva abbandonato. Venne battuto da Marco Gallo, complice una malaugurata ferita, quando le sorti del combattimento erano leggermente a suo favore. Optava quindi per il passaggio di categoria e superando di forza l’ex-campione d’Italia Bruno De Montis otteneva la qualifica di challenger al titolo vacante per la dolorosa rinuncia di Sebastiano Sotgia. A contendergli il successo fu il sardo Giuseppe Tidu sullo stesso ring campano di Casavatore dove aveva perso l’europeo con Renard. La sua rivincita, anche se a livello inferiore si compiva con la conquista di un nuovo titolo. Tidu sconfitto per ferita al decimo round era comunque in svantaggio di punti e nelle ultime due riprese non sembrava in grado di ribaltare la situazione. Un mese dopo respingeva nettamente il corregionale Luigi De Rosa sul neutro di Capo d’Orlando. Al napoletano si apriva una nuova avventura europea a dir poco proibitiva. A Randers in Danimarca affrontava Gert Bo Jacobsen, un picchiatore terribile che già al secondo round faceva sentire  la durezza dei suoi colpi a Raininger. Questi, atterrato e ferito resisteva fino alla fine con coraggio ed abnegazione. Nel frattempo il titolo italiano era passato al ligure De Lorenzi che lo abbandonava. A contenderselo furono Alfredo Raininger e Stefano Cassi. A Rozzano, periferia sud di Milano, il bergamasco poneva fine alla carriera del napoletano. Troppo spesso le ferite lo condizionarono (quattro delle sei sconfitte subìte in carriera furono dovute a questo inconveniente) e Alfredo Raininger abbandonava lo sport attivo dedicandosi all’insegnamento della boxe nella sua regione. In seguito conseguì  la laurea in Scienze delle attività Motorie e Sportive.

Al settimo posto posiziono Giovanni Girgenti. Pugile dotato di ottima scherma, freddo e preciso colpitore, ha avuto una carriera dilettantistica ricca di soddisfazioni ma anche da professionista non è stato da meno; gli è mancata la fortuna nei momenti più importanti. L’ho inserito tra i superpiuma malgrado avesse fatto cose importanti anche nella categoria inferiore. In questa divisione non avrebbe trovato spazio data la qualità dei campioni che l’hanno nobilitata. Campione italiano dilettanti a Modena nel 1962 e a Roma due anni dopo, fu medaglia d’argento agli europei di Mosca. Dopo tre splendide vittorie in finale veniva superato dal russo Stanislav Stepashkin. Vinceva i Giochi del Mediterraneo di Napoli in quello stesso anno, e nel 1964 alle Olimpiadi di Tokyo veniva battuto al primo turno dal filippino Anthony Villanueva, giunto secondo al termine del torneo. Dopo di che a ventitre anni passava al professionismo. La sua scherma imperiosa lo lanciava nelle prime posizioni in Italia con buone affermazioni su pugili importanti. Trasferitosi prima a Bologna e poi a Roma migliorava la sua tecnica e maturava fisicamente. Alla sua quarta stagione si batteva una prima volta per il titolo italiano ma un sorprendente Renato Galli gli faceva rimandare all’anno successivo la conquista della corona nazionale. Questa era finita sul capo di Nevio Carbi il quale, sul neutro di Sant’Arsenio, vicino a Salerno, dovette soccombere alla superiorità tecnica del marsalese. Nel giro di un anno difese il suo primato per quattro volte riconfermandosi indiscusso campione. Ad Ancona batteva prima del limite il bresciano Ambrogio Mariani mentre al Palasport di Udine era Ugo Poli ad impegnarlo senza successo. Finalmente nella sua città, Marsala, domava il pericoloso Domenico Chiloiro, un duro tarantino forgiatosi sui selvaggi ring australiani e ad Agropoli un Umberto Simbola al di sopra di ogni aspettativa lo teneva occupato duramente. Abbandonava il titolo italiano per tentare la conquista di quello continentale non prima di aver effettuato un’ottima prestazione a San Paolo del Brasile contro il campione del mondo dei pesi gallo Eder Jofre. Il campione europeo in carica era il cubano naturalizzato spagnolo José Legra che aveva tolto la corona al nostro Tommaso Galli. Ad Alicante, in Spagna, il 14 agosto 1971 Girgenti affrontava il campione con molta circospezione non riuscendo a contrastare la superiore abilità e potenza del cubano-spagnolo. Atterrato una prima volta al settimo round, il siciliano veniva definitivamente messo K.O. alla nona ripresa da un devastante gancio destro al mento. La disavventura iberica non lo scoraggia più di tanto e le sue attenzioni si rivolgono al titolo italiano che aveva abbandonato prima di tentare l’europeo. Il nuovo campione in carica era il piacentino Augusto Civardi, pugile potente ma discontinuo: al Palazzetto dello Sport di Torino, davanti a seimila spettatori, il match fu duro e spettacolare. Il piacentino sembrava potesse far valere la sua potenza ma alla nona ripresa Girgenti riusciva a chiudere in un angolo il campione, il quale, contato ma ancora lucido abbandonava la lotta. Dopo una facile difesa a Palermo con l’ex-campione Renato Galli la sua storia nella categoria terminava contro Elio Cotena che a Torino gli toglieva il titolo italiano. Dopo aver fatto un ultimo infruttuoso tentativo contro lo stesso avversario a Genova sei mesi dopo optava per il salto di categoria e passava tra i superpiuma. Tre anni intensi di combattimenti lo hanno visto protagonista nella nuova divisione di peso. Conquistava il titolo italiano battendo Mario Redi. Invano hanno cercato di scalzarlo dal suo piedistallo Giorgio Merlin, Ugo Poli, Mario Sanna, Carlo Frassinetti, Natale Vezzoli, Giuseppe Agate, Giuseppe Martucci e Giuseppe Mura. Nel mezzo di queste numerose difese tentava l’assalto al titolo continentale ma a Oslo veniva superato dal norvegese Sven Erik Paulsen. All’ottava difesa del titolo Giuseppe Mura da lui respinto quattro mesi prima a Porto Torres gli toglieva il titolo. Tentava inutilmente di riprenderselo contro Salvatore Liscapade. Fu il suo ultimo combattimento al dodicesimo anno di professionismo.

Per l’ottava collocazione individuo Piero Morello. Siciliano di Villabate ma residente a Montecatini, aveva nella tecnica pugilistica il suo punto di forza. Molto mobile sul tronco e agile sulle gambe, boxando sulla distanza esaltava le sue caratteristiche che gli permisero di primeggiare in Italia ed in Europa. Il suo primo titolo lo coglieva contro Antonio Renzo, battuto nettamente a San Felice Circeo nell’agosto del 1987. Sei mesi dopo toglieva il campionato europeo della categoria a Salvatore Curcetti. Nella discoteca Simpaty di Capriolo, nel bresciano, di misura ma meritatamente al termine di un confronto bello e combattuto. Una faticosa difesa del titolo sul ring della sua città natale, contro il modesto francese Raymond Amand, fu il preludio ad una imminente perdita del primato. A Copenaghen, in Danimarca, un infortunio al braccio sinistro lo costringeva al ritiro al cospetto del non trascendentale Lars Lund Jensen. Rallentava di molto la sua attività; cinque combattimenti disputati negli ultimi tre anni segnano il suo cammino culminato con la sconfitta rimediata a Parma nel tentativo di riprendersi il titolo italiano. Salvatore Curcetti consumava la sua vendetta con la rivincita su chi gli aveva tolto la corona europea tre anni prima.

Sul nono scranno piazzo Marco Gallo. La categoria dei superpiuma creata ad arte tra i leggeri ed i piuma ha permesso a molti atleti di essere protagonisti in entrambe le divisioni. Così è stato anche per Marco Gallo campione d’Italia nelle due categorie. Trasferitosi a Pistoia, in Toscana, da Lagonegro, in provincia di Potenza, dove era nato e dove svolgeva il mestiere di falegname, iniziava la carriera di pugilatore e a 22 anni esordiva al professionismo, dove la sua potenza di colpitore doveva dargli grandi soddisfazioni. Combattivo e potente in possesso del colpo definitivo ma dalla boxe molto dispendiosa, con due sconfitte su undici combattimenti non sembrava accreditato come possibile vincitore del campione in carica dei pesi piuma Alfredo Mulas. Viceversa a Lugo, con un perfetto montante al mento, spegneva i sogni della meteora genovese residente in Romagna. Tre mesi dopo presso la palestra Torelli di Sondrio il pugile di casa Gianfranco Lalli subiva la stessa sorte. Questa volta fu il gancio sinistro ad essere decisivo dopo tre riprese. Passavano solo due mesi e lasciava il titolo nelle mani di Salvatore Melluzzo, tornato prepotentemente alla ribalta. La miglior tecnica del siracusano aveva la meglio dopo una gara generosa da parte del campione detronizzato. Quando Melluzzo, diventato campione d’Europa lasciava la corona italiana, Gallo si ritrovava in prima fila con l’emergente Loris Stecca a contendersela. Furono dodici entusiasmanti riprese e dovette cedere alla classe superiore del riminese sulla via di una grande carriera. Dopo questa sconfitta passava nella categoria superiore dove riusciva a lasciare un segno tangibile del suo valore. Conquistava il titolo italiano contro Potito Di Muro e lo difendeva con successo nei confronti di Alessandro Nardi, Angelo Bizzarro, Alfredo Raininger, e due volte con Giuseppe La Vite. Abbandonava  la corona  per tentare l’europeo  ma a Catanzaro fu sfortunato. Il belga Jean Marc Renard lo superava  in tutto malgrado il verdetto fosse stato per ferita; aveva dato quanto aveva in corpo il piccolo guerriero di Pistoia. Un tentativo al titolo italiano dei leggeri contro Luca Di Lorenzo finiva in malo modo. Salutò il ring e la carriera due anni dopo con l’ultimo successo.

Al decimo posto colloco Silvano Usini. Il cremasco, professionista a 22 anni, brucia le tappe per affermarsi atleta interessante, con buone prospettive in campo internazionale. Il titolo italiano lo conquista al primo colpo dopo che Maurizio Stecca lo aveva abbandonato. Guardia destra, piacevole stilista con un pugno abbastanza solido da permettergli di risolvere situazioni importanti. Ben guidato dal suo maestro Lucio Vailati non ha mai fatto il passo più lungo della  gamba, fedele al suo stile di vita, modesto ma deciso. Contemporaneamente al pugilato gestiva una sua avviata carrozzeria nella quale impegnava il suo futuro e che sarà decisiva nelle sue scelte di vita. Nell’agosto del 1995 conquista il titolo internazionale Wbc dei pesi superpiuma, in attesa di competere per il vacante campionato nazionale. Che si aggiudicherà nel gennaio dell’anno seguente a spese di Athos Menegola ad Acquaviva Picena. Scontro duro ma in cui, oltre a portare i colpi migliori, dimostra doti di fondo insospettabili, frutto di una preparazione intensa e perfetta. Per quasi due anni il cremasco rimarrà capofila dei superpiuma italiani respingendo via via Massimo Conte, Jorge Alberto Pompe, Massimo Bertozzi e ancora una volta Conte. Tutte vittorie ottenute con impronta ineccepibile. Per il momento Silvano non pensa all’europeo, incontro da posticipare in tempi più propizi. Ma a San Prisco, nella tana dell’avversario Prisco Perugino, incappa in una sconfitta che farà riflettere. Il 4 ottobre 1997 il cremasco, al termine di un combattimento brutto e scorretto, per un punto perdeva il titolo. Per la cronaca uno dei giudici aveva tre punti di vantaggio per Usini. Le polemiche si sprecarono ma ognuno dei due pugili continuò per la sua strada. Dopo sette vittorie prima del limite a Calatafimi sfidava nel Luglio del 1999 l’argentino Jorge Barrios in un incontro valevole per il vacante mondiale targato WBU, sigla da poco istituita. Il match tra due picchiatori ha visto la vittoria dell’argentino più completo e determinante. A Silvano erano  nuociuto le vicissitudini organizzative con conseguente rinvio del match. Inoltre lui stesso riconosceva di non essere stato al meglio della forma in quel momento. I sempre più pressanti impegni di lavoro ne limitano l’attività ed un improvvida quanto dolorosa sconfitta con il modesto francese Franck Benoni lo spingono sull’orlo de definitivo ritiro. Ma la passione per la boxe prevale, riprende prepotentemente la via del ring e l’eclatante vittoria a Fontainay, in Francia, su Medhi  Labdouni (qualche tempo dopo sarà campione d’Europa), gli spalancano orizzonti continentali. Nel frattempo conquisterà un altro titolo intercontinentale per la WBA travolgendo Athanas Nzau del Kenya in cinque riprese. Difenderà quella cintura eliminando nel secondo round l’ungherese Laszlo Bognar. La nascita del primo figlio lo induce ad abbandonare a boxe agonistica, diventata dispendiosa e poco redditizia, per riservare tutte le sue energie al futuro della famiglia.

Pietro Anselmi

 

 

 

 

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